Società di persone: aspetti operativi e contabili dei versamenti dei soci | Parte 2

La questione iniziale è l’analisi e la distinzione delle modalità di finanziamento della società. Sotto questo profilo, si suole distinguere i finanziamenti in:
1. finanziamenti a titolo di capitale di rischio;
2. finanziamenti a titolo di capitale di prestito

I finanziamenti nelle società di persone

La questione iniziale, relativamente al problema dei finanziamenti nelle società di persone, è l’analisi e la distinzione delle modalità di finanziamento della società. Sotto questo profilo, si suole distinguere i finanziamenti in:

  1. finanziamenti a titolo di capitale di rischio;
  2. finanziamenti a titolo di capitale di prestito.

 

I finanziamenti a titolo di capitale di rischio (o di capitale proprio) possono avere una matrice interna o possono provenire da fonte esterna.

Nel primo caso si parla di autofinanziamento proprio; mentre nel secondo caso si parla di attività di conferimento.

Per cui, appare del tutto pacifico che un flusso finanziario da conferimento, pur provenendo dai soci, soggetti giuridici diversi dalla società (ecco perché si parla di fonte esterna) riguardi comunque capitale di rischio.

Esempi in tal senso, sono:

  1. aumento della quota di partecipazione societaria da parte dei vecchi soci;
  2. ingresso di nuovi soci nella società.

 

In entrambi i casi, la dotazione di capitale proprio aumenterà, comportando un problema di riallineamento del valore delle partecipazioni, alla variazione subita dal capitale economico complessivo

I finanziamenti a titolo di capitale di credito, invece, ricorreranno quando la società farà ricorso alla leva dell’indebitamento, con la possibilità che anche in questa veste, i soci risultino coinvolti nelle conseguenti operazioni di finanziamento.

In sintesi, si può affermare che i soci potranno partecipare alle operazioni di finanziamento nella duplice veste di:

  • conferenti nuovo capitale di rischio;
  • creditori di capitale dato a mutuo.

 

Importante è stabilire, in prima analisi, se i versamenti dei soci avvengono nell’ambito di procedure che comportano la modifica dell’atto costitutivo o attraverso operazioni che sono svincolate da particolari procedure legali, eccetto l’esigenza di dare ad esse data certa. 

 

 

Il ricorso all’autofinanziamento proprio

autofinanziamento dei soci a società di personeNon è raro nelle società di persone, i soci decidano di rinunciare al riparto degli utili e di destinare gli utili indivisi al potenziamento della struttura aziendale.

Tale soluzione, come è ovvio, risulta impraticabile nel caso in cui il lavoro svolto in società rappresenta l’unica fonte di reddito dei soci o quando la società nei periodi precedenti ha subito perdite, stante l’obbligo di mantenere l’integrità del capitale attraverso la copertura, in via prioritaria, delle perdite precedenti.

In punto di diritto, la circostanza che in queste società, la responsabilità di tutti i soci della collettiva (o dei soli soci accomandatari) sia illimitata e solidale, non esonera gli stessi dall’osservanza dei canoni di buona amministrazione del patrimonio societario.

Semmai, alla garanzia offerta dal patrimonio societario, si aggiunge, in via sussidiaria, quella offerta dal patrimonio personale dei soci, senza che ciò autorizzi i soci ad un comportamento amministrativo per così dire “disinvolto”.

Verosimilmente, una soluzione praticabile, in presenza di utili cospicui, è la destinazione di parte degli utili al potenziamento della struttura, con destinazione della parte residua ai soci, quale quota sugli utili prodotti.

In questo caso, il finanziamento è il risultato del risparmio provocato dal mancato pagamento di tutti gli utili prodotti, i quali a loro volta si presentano come eccedenze di liquidità prodotte, in prevalenza, dalla gestione caratteristica.

 

Ricordiamo che la formula del cash-flow operazionale è:

Cash-flow2 = Utile d’esercizio + Costi non monetari – Ricavi non monetari.

 

 

Il ricorso ai versamenti infruttiferi dei soci

Finanziamento dei soci alla societàIl ricorso nelle società di persone a questa soluzione finanziaria, appare molto ricorrente nei casi in cui la società non possa accedere agevolmente al credito bancario o nei casi in cui appare evidente che il capitale versato in sede di costituzione era del tutto insufficiente, rispetto al fabbisogno finanziario posto dagli investimenti.

Ricordiamo che in queste forme societarie non esiste un obbligo di capitale minimo, per cui, il più delle volte, anche per motivi di economicità del costo della costituzione (valutando “in primis” onorario notarile) si opta per la sottoscrizione di un capitale sociale limitato.

E’ probabile che nel momento stesso della costituzione, i soci abbiano già la consapevolezza dell’esiguità del capitale sociale sottoscritto in atto. Si pensi ad una società in nome collettivo che si costituisca con un capitale sociale di 1.000,00 Euro suddiviso in parti uguali tra i due soci conferenti. Cosa si potrebbe finanziare con soli 1.000 Euro, visto che il notaio che avrà redatto l’atto o autenticato le firme costerà assai più di tale cifra !

E’ evidente che in tali circostanze, i soci potranno senza l’osservanza di particolari formalità e senza che ciò rappresenti modifica dell’atto costitutivo, effettuare versamenti in conto capitale o versamenti in conto futuro aumento del capitale o versamenti a copertura delle perdite.

In ciascuno dei tre casi citati, ci ritroveremo di fronte ad un ipotesi di conferimento a titolo di capitale proprio che aumenterà la dotazione patrimoniale della società, senza che ciò comporti nell’immediato, una modifica dell’atto costitutivo.

Ipotizzando un’operazione di versamento in conto capitale, non ancora formalizzata in un atto modificativo del contratto di società, di 100.000 Euro versati in parti uguali dai soci della collettiva A & B, a P.D. si avrà:

 

 

Data Op.

BilCEE

Sottoconti

Dare

Avere

02/10/n

SP(Att) C-IV-1

Banca c/c

100.000,00

 

 

SP(Pas) A-VII

Socio A c/ versamenti in conto

 

capitale

 

50.000,00

 

SP(Pas) A-VII

Socio B c/ versamenti in conto

 

capitale

 

50.000,00

Effettuato versamento paritetico in conto capitale da parte dei soci A e B

 

 

Fermo restando che la disciplina legale applicabile in materia, è quella prevista per le società per azioni, ove ciò non contrasti con la diversa disciplina legale specifica di ciascuna forma di società, appare opportuno verificare qual è la posizione dell’Organismo Italiano di Contabilità sul punto in questione.

A tal scopo, il principio contabile n. 28, elaborato dall’Organismo Italiano di Contabilità (in sigla O.I.C.), nel paragrafo dal titolo Patrimonio Netto: Definizione e composizione, paragrafo B), Individuazione della natura delle voci facenti parte del Patrimonio netto, classifica i versamenti dei soci in:

  1. Versamenti a titolo di finanziamento;
  2. Versamenti a fondo perduto;
  3. Versamenti in conto futuro aumento di capitale;
  4. Versamenti in conto aumento di

 

Nell’ambito della problematica relativa alla separazione tra le Passività ed il Patrimonio netto, secondo l’O.I.C., appare di particolare rilevanza l’analisi della natura dei versamenti che i soci decidono di effettuare, anche senza procedere a formali aumenti del capitale sociale 3.

Secondo l’Organismo i versamenti in questione, a seconda dei casi, questi possono assumere la natura di veri e propri conferimenti a titolo di dotazioni patrimoniali, oppure di finanziamenti a titolo di capitale di credito.

In particolare per quelli che assumono la caratteristica di versamenti in conto capitale, l’O.I.C 4. così argomenta:

– i “Versamenti in conto aumento di capitale” si hanno in presenza di un aumento a pagamento del capitale sociale già deliberato, nelle more dell’iscrizione nel registro delle imprese dell’attestazione degli amministratori dell’avvenuto aumento del capitale sociale (art. 2444 c.c.).

Poiché l’aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società fino a quando non sia avvenuta la suddetta iscrizione, i versamenti già effettuati dai soci vengono rilevati in un conto transitorio acceso ad una riserva di capitale (“Versamenti in conto aumento di capitale” oppure “Azioni sottoscritte per aumento di capitale”), che verrà poi imputata al capitale sociale, una volta perfezionata l’intera operazione. Ovviamente, essendo i versamenti destinati ad uno scopo ben preciso, se la procedura di aumento non giunge a perfezionamento secondo i dettami di legge, i soci hanno diritto alla loro restituzione.

Per i versamenti a fondo perduto la posizione l’O.I.C. è la seguente:

I “Versamenti a fondo perduto” si hanno quando i soci, pur non volendo procedere ad un formale aumento di capitale, decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti. In tali casi, manca una specifica ed esplicita pattuizione da cui scaturisca un obbligo di restituzione ai soci dei versamenti effettuati.

Questi si configurano,pertanto, come vere e proprie riserve di capitale, da collocare in bilancio all’interno del patrimonio netto, al punto VII “Altre riserve”, in voci denominate di solito “Versamenti in conto capitale”, oppure “Versamenti a copertura perdite”, se il conferimento è effettuato per coprire perdite di esercizio.

Ed infine, in rapporto ai versamenti in conto futuro aumento del capitale , l’O.I.C. afferma :

I “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono quelli effettuati in via anticipata in previsione di un futuro aumento di capitale. Si tratta, pertanto, di riserve di capitale aventi uno specifico vincolo di destinazione.

Alla luce di quanto sopra esposto, riteniamo sia buona regola contabile, per evitare confusioni di sorta, denominare il conto accesso al versamento del socio in modo differenziato, a seconda della tipologia di versamento.

Per cui potremo avere, alternativamente:

  • Socio X versamento in conto capitale;
  • Socio X versamento in conto futuro aumento capitale;
  • Socio X versamento a fondo perduto o in conto copertura perdita.

 

 

Il ricorso ai finanziamenti infruttiferi o fruttiferi dei soci

In questo ambito, i versamenti fatti dai soci assumono la caratteristica di “mutuo”., così come disciplinato dall’art. 1813 del codice civile che così recita:

Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.

Il successivo art. 1814 recita: Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatari.

Mentre la questione circa l’onerosità del mutuo è affrontata dall’art. 1815 del c.c. che così recita: Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284. Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale.

Dalla lettura del codice civile, tralasciando l’ipotesi che il mutuo riguardi cose reali, è possibile ricavare alcuni punti essenziali:

  1. quando il versamento (finanziamento) è fatto a titolo di mutuo, questo ha per oggetto un certa quantità di denaro;
  2. la quantità di denaro prestata, passa in proprietà alla parte mutuataria ( cioè della parte che riceve il mutuo);
  3. la somma ricevuta normalmente è fruttifera di interessi per il mutuante ( parte che eroga il mutuo ) che ha diritto alla restituzione della somma erogata, più gli interessi nella misura convenuta, se il tasso non è considerato ai sensi del Legge 108/1996 – più nota come legge antiusura – usurario o in mancanza calcolati al tasso legale.

 

Trattandosi di società di persone, non obbligate alla tenuta dei libri sociali, appare quanto mai opportuno, definire le condizioni contrattuali, per mezzo di atti aventi data certa, magari attraverso lo scambio di corrispondenza senza busta, per consentire l’apposizione della data da parte dell’Ufficio Postale, direttamente sulla corrispondenza contrattuale recante il mutuo.

Sulla questione dei versamenti a titolo di finanziamento, la posizione dell’Organismo italiano di Contabilità è la seguente:

I “Versamenti a titolo di finanziamento” sono quelli per i quali la società ha obbligo di restituzione.

Si tratta di importi che devono trovare collocazione in bilancio tra le passività, alla lettera D), punto 3) “debiti verso soci per finanziamenti”.

Al riguardo, non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione: l’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate.

Quindi, conformemente ad una prassi contabile ormai consolidata, il primo modo di differenziare i versamenti dei soci a titolo di capitale di rischio, dai finanziamenti dei soci a titolo di capitale di credito, è la loro esposizione in contabilità generale e in bilancio.

E’ qui che si indicherà, in prima istanza, la natura dei versamenti operati dai soci, senza alcuna altra formalità obbligatoria. Persino la misura degli interessi potrà essere sottintesa (al tasso legale) se non fosse convenuta, in modo esplicito, l’infruttuosità del finanziamento.

Per quanto riguarda gli aspetti contabili ipotizzando che la società in nome collettivo A & B abbia contratto in data 01/04/n un finanziamento con il socio A di 20.000 Euro per 180 gg. al tasso del 3% e che il prestito è stato rimborsato in un’unica soluzione alla scadenza maggiorato degli interessi accreditati al netto della ritenuta fiscale del 12,50%, a P.D. avremo:

 

 

Data Op.

BilCEE

Sottoconti

Dare

Avere

01/04/n

SP(Att) C-IV-1

Banca c/c

20.000,00

 

 

SP(Pas) D- 3)

Socio A c/ finanziamento

 

20.000,00

Rilevato finanziamento del socio A

Data Op.

BilCEE

Sottoconti

Dare

Avere

28/09/n

SP(Pas) D- 3)

Socio A c/ finanziamento

20.000,00

 

 

SP(Att) C-IV-1

Banca c/c

 

20.258,91

 

CE C-17)

Interessi passivi verso soci

295,89

 

 

D – 12)

Erario c/ritenute su interessi

 

36,98

Rimborsato finanziamento del socio A

 

 

Calcoli relativi agli interessi:

Interessi lordi : (20.000 x 180 x 3) : 36500 = € 295,89 –

Ritenuta fiscale, art. 26 DPR 600/1973 del 12,50% di 295,89 € 36,98 =

Interessi netti da accreditare al socio € 258,91

 

 

NOTE

1 Per capitale economico complessivo si intende il valore attribuibile al complesso aziendale, considerato nella sua unitarietà come complesso di beni e persone organizzato, per l’esercizio dell’impresa.

2 Il concetto di cash-flow operazionale, può essere tradotto in eccedenza di cassa e banche, prodotta dalla gestione reddituale corrente.

3 Fonte principio contabile n. 28 dell’Organismo Italiano di Contabilità

4 O.I.C. ibidem

 

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A cura di Enrico Larocca

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