Ammortamenti fiscali minori degli ammortamenti civilistici: disco rosso secondo il Fisco

Con la risoluzione 17/06/2005 n. 78/E l’Agenzia delle Entrate, intervenendo sulla questione degli ammortamenti, ha stabilito il principio secondo il quale non è consentito al contribuente calcolare e dedurre ammortamenti fiscali minori rispetto a quelli civilistici.

Gli ammortamenti fiscali minori degli ammortamenti civilistici

deducibilità beni ammortizzabili civilisticiL’interpretazione ministeriale, con buona pace del principio dell’autonomia dei procedimenti di calcolo dei risultati economici – civilistico e fiscale – vista l’introduzione del quadro EC nel modello Unico, reintroduce una forma di dipendenza del risultato economico civilistico dal risultato fiscale, ovvero riammette una forma di interferenza fiscale sul conto economico.

La dottrina1, invece, rispettando il principio di assoluta indipendenza dei procedimenti di calcolo del risultato economico civilistico da un lato e del reddito fiscale dall’altro, si era espressa nel senso di riconoscere la possibilità che la differenza tra gli ammortamenti civilistici e gli ammortamenti fiscali con i primi maggiori dei secondi, potesse essere oggetto di variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.

Si perché, con l’attuale normativa civilistica gli ammortamenti ridotti sono ammessi solo in presenza di reale minor utilizzo del bene strumentale rispetto alla media di settore e che conseguentemente           non      ricorrendo quest’ultima ipotesi la contabilizzazione di ammortamenti ridotti determinerebbe una violazione del principio bilancistico del “fair and true view”.

Cosi ad esempio se l’ammortamento civilistico di un macchinario acquistato nel 2002 per € 2.000,00 è stimato su base annua in termini civilistici al 20%, mentre sotto il profilo fiscale si sceglie, a partire dal 2004, di praticare l’ammortamento fiscale ridotto del 10%, senza che tale riduzione abbia una giustificazione civilistica, si avranno due distinti piani di ammortamento articolati nelle tabelle che seguono:

 

Tabella di ammortamento civilistico

Anno Amm. %. Quota Amm. F. do Amm. Res. Da Amm.
2002 20% 400 400 1600
2003 20% 400 800 1200
2004 20% 400 1200 800
2005 20% 400 1600 400
2006 20% 400 2000 0

 

Tabella di ammortamento fiscale 

Anno Amm. %. Quota Amm. F. do Amm. Res. Da Amm.
2002 10% 200 200 1800
2003 20% 400 600 1400
2004 10% 200 800 1200
2005 10% 200 1000 1000
2006 10% 200 1200 800
2007 10% 200 1400 600
2008 10% 200 1600 400
2009 10% 200 1800 200
2010 10% 200 2000 0

 

Come si può notare nella tabella degli ammortamenti fiscali nell’anno 2006 che è l’anno di completamento dell’ammortamento civilistico, sotto il profilo fiscale esiste ancora un residuo ammortizzabile di € 800 che dovrebbe essere regolarmente ammesso in deduzione negli esercizi successivi, attraverso il meccanismo delle variazioni fiscali in diminuzione in sede di modello Unico.

Secondo l’Agenzia delle Entrate tale comportamento non è consentito poiché gli amministratori non possono decidere autonomamente quanto ammortamento fiscale debba essere dedotto in un anno, stante il principio di derivazione del reddito imponibile dal reddito civilistico, enunciato dall’art. 83 del T.U.I.R. Sempre secondo l’Agenzia la computazione di variazioni in diminuzione del reddito fiscale per ammortamenti è consentita solo per recuperare ammortamenti civilisticamente iscritti in esercizi precedenti per un valore eccedente la quota fiscalmente ammessa in deduzione secondo le disposizione del D.M. 31/10/1988, fino a concorrenza

dell’eccedenza iscritta in quegli esercizi come variazione in aumento del relativo reddito fiscale. In sostanza l’ammortamento può essere determinato secondo tre ipotesi principali:

  1. ammortamento civilistico uguale all’ ammortamento fiscale: questo caso non comporterà alcun disallineamento nei piani di ammortamento civilistico-fiscale;
  2. ammortamento civilistico minore dell’ammortamento fiscale: in questo caso, che ricorre in presenza di ammortamenti fiscali anticipati, la differenza tra gli ammortamenti civilistici e gli ammortamenti fiscali va riconciliata con le rilevazioni nel quadro EC del modello Unico;
  3. ammortamento civilistico maggiore dell’ammortamento fiscale: in questo caso l’Agenzia ritiene che occorra distinguere il caso di ammortamenti civilisticamente maggiori di quelli fiscali per debordo dell’aliquota fiscale massima che l’Amministrazione Finanziaria ritiene legittima, dal caso in cui l’ammortamento fiscale dedotto   sia inferiore all’ammortamento civilistico imputato al Conto Economico per effetto di una variazione in aumento per minore ammortamento fiscale e che non sia consentito recuperare la differenza oggetto di variazione in aumento nel solo modello Unico, come variazioni in diminuzione per ammortamenti civilistici tassati, negli esercizi successivi, una volta completato l’ammortamento civilistico.

Per cui volendo esemplificare:

  • posto pari a 2.000 il costo del bene ammortizzabile, posto che il coefficiente di ammortamento fiscale del 10% è giustificato anche sotto il profilo civilistico, se l’impresa iscrive nel Conto Economico 200 per ammortamenti civilistici e deduce 120 in dichiarazione dei  redditi per ammortamenti fiscali, operando una variazione in aumento per minori ammortamenti fiscali di 80, questo comportamento, secondo l’Agenzia delle Entrate, non è consentito;
  • se viceversa, posto sempre pari a 2.000 il costo ammortizzabile con una aliquota fiscale massima del 10%, se l’impresa iscrivesse nel Conto Economico ammortamenti civilistici per 250, mentre quelli fiscali massimi sono pari a 200, la differenza di 50 oggetto di variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, potrebbe essere, secondo l’Agenzia delle Entrate, legittimamente dedotta come variazione in diminuzione, a partire dall’esercizio successivo a quello in cui si è esaurito in processo di ammortamento civilistico del bene, senza che resti interessato da variazione alcuna, il quadro EC.

In definitiva, secondo l’Agenzia delle Entrate, se l’impresa adottasse l’ipotesi di ammortamento di cui al n. 3), punto a), incorrerebbe in un comportamento fiscalmente non consentito. Conclusivamente, ritornando al caso proposto nelle tabelle sovrastanti, la differenza 2004 tra gli ammortamenti civilistici di Euro 400 e gli ammortamenti fiscalmente dedotti di Euro 200, non potrà essere dedotta a partire dall’esercizio 2005.

Quale sarà la sorte della differenza tra gli ammortamenti civilistici e gli ammortamenti fiscali di € 200 ?

L’Agenzia non si esprime al riguardo in termini espliciti, aprendo ad una possibile ipotesi di indeducibilità per difetto di competenza, assolutamente insostenibile per evidente duplicazione.

A sostegno della propria tesi essa afferma che, nell’attuale ordinamento tributario non è consentito ridurre o azzerare gli ammortamenti iscritti nel conto economico se l’ammortamento è calcolato nei limiti della normativa di cui all’art. 102 del T.U.I.R2. Ma cosa prevedono le norme in materia ? Sotto il profilo civilistico l’art. 2426 punto 2) del c.c. stabilisce che

il costo delle immobilizzazioni materiali ed immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche ai criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati, devono essere motivate nella nota integrativa.

E’ evidente che la normativa civilistica non può stabilire un criterio rigido di determinazione degli ammortamenti ( e come potrebbe farlo non essendo possibile tradurre in un unico parametro matematico, valido per tutte le imprese: senescenza, obsolescenza e adeguatezza tecnico-produttiva del bene

ammortizzabile ) ma si limita semplicemente a stabilire che l’ammortamento deve essere stimato in funzione della residua possibilità di utilizzazione del bene ammortizzabile. Cosicché non sarà in ogni caso corretto, procedere con ammortamenti a quote costanti, se, ad esempio, il bene strumentale oggetto di ammortamento, è caratterizzato da un forte grado di obsolescenza che al contrario suggerirebbe l’adozione di un piano d’ammortamento a quote decrescenti ossia più alte nei primi anni di utilizzazione del bene strumentale, per evitare, nell’ipotesi di una dismissione anticipata dello stesso, un deficit di liquidità da ammortamenti insufficienti. Sotto il profilo fiscale, invece, l’art. 102 del T.U.I.R. al secondo comma stabilisce, che l’ammortamento deve essere calcolato in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni, dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale, eccetto l’ipotesi di utilizzazione dell’ammortamento  accelerato   o dell’ammortamento anticipato. Per cui, se da un lato la normativa tributaria ha mantenuto il    principio    del    limite    superiore    agli ammortamenti fiscali, non altrettanto può dirsi in termini di limite inferiore.

Anzi, scomparsa la norma contenuta nel previgente T.U.I.R. che stabiliva il limite minimo di ammortamento, nel 50% dell’aliquota ordinariamente prevista, si è resa teoricamente possibile, verso il basso, qualunque altra ipotesi, compreso l’azzeramento dell’ammortamento.

Di talché ci chiediamo: qual è la norma che secondo la R.M. 78/E/2005 dell’Agenzia delle Entrate non consentirebbe di ridurre od azzerare l’ammortamento fiscale ? E poi: qual è la norma che non consente di adottare un piano di ammortamento fiscale, per così dire più lento del corrispondente piano di ammortamento civilistico ?  E soprattutto: quali sono le norme di diritto tributario vigente che renderebbero illegittime le variazioni in diminuzione del reddito fiscale relativamente      ad ammortamenti civilisticamente tassati in esercizi precedenti ? E’ difficile accettare, senza concrete argomentazioni, che una partita reddituale tassata in un esercizio diverso da quello di competenza,   non   possa   essere   recuperata come variazione in diminuzione nell’esercizio di competenza, perché ricorrendo questa ipotesi si verificherebbe una duplicazione impositiva.

 

Conclusioni

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un’interpretazione ministeriale che travalica il dettato normativo, introducendo dei limiti e divieti all’operatività tributaria delle imprese, non previsti per legge. I piani di ammortamento civilistico da un lato e fiscale dall’altro sono inevitabilmente autonomi, perché rispondono a criteri e obbiettivi diversi che non possono essere confusi tra loro. Affermare che il reddito imponibile ai fini tributari, deriva dal reddito contabile, non significa reintrodurre dalla finestra l’abrogato principio di dipendenza rovesciata, uscito dalla porta. Quali scenari si aprono a seguito della risoluzione in commento ?

E’ possibile ipotizzare che di fronte alla prospettiva di non vedersi riconosciuta la quota di ammortamenti civilistici portata a tassazione in esercizi precedenti, poiché superiore all’ammortamento che fiscalmente si voleva computare in detrazione del reddito imponibile, tutte le imprese tenderanno a calcolare ammortamenti fiscali ridotti pari almeno quelli civilistici, a detrimento di quel principio di autonomia – non di arbitrio come lascia intendere la risoluzione – che con l’abrogazione del minimale agli ammortamenti, il legislatore aveva inteso introdurre, per consentire alle imprese di legare le quote dei costi strutturali agli esercizi in cui si sarebbero prodotti i maggiori effetti in termini di ricavi.

V’è poi da considerare che lo spostamento all’indietro degli ammortamenti, provocherà un disallineamento in termini di carico fiscale, conseguente alla possibilità di compensare – con il riporto in avanti delle perdite – nel solo comparto IRES/IRE, le maggiori perdite fiscali.

 

di Enrico Larocca

Settembre 2005

 

NOTE

1 In tal senso si veda Giuseppe Righetti in Guida ai Bilanci 2005, ed. Italia Oggi, pag. 21. A. Santoni in Il Notiziario Fiscale n. 1/2005 pag. 19 e ss.

2 Per un approfondimento si vedano F. Dezzani e L. Dezzani in “Il Fisco” n. 32/2005

 

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