La Cassazione interviene sulla necessità di comunicazione del preavviso di iscrizione ipotecaria al debitore moroso.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunziate, con la sentenza n. 19667 del 18/9/2014, in ordine alla natura dell’iscrizione ipotecaria, che negli ultimi anni ha creato ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza. La fattispecie da cui trae spunto la sentenza è quella della necessità o meno di notificare l’ipoteca al debitore moroso.
Ma in questo scritto non ci si vuole soffermare sulla fattispecie oggetto del ricorso che ha portato alla sentenza, bensì sul principio generale che le sezioni Unite hanno affermato in tale occasione.
Se infatti tale sentenza ha senz’altro un grande significato nella querelle circa la necessità di comunicazione al debitore dell’iscrizione ipotecaria, in verità essa contiene delle affermazioni di importanza assai più vasta, in quanto, come dalle parole dello stesso Giudice si intuisce, estendibili a qualsiasi atto.
Come si sa, non esiste nel nostro ordinamento un principio generale di contraddittorio obbligatorio.
La legge delega 23/2014 sembra annoverarne la previsione, e al momento in cui si scrive non è dato sapere se questa previsione andrà in porto; purtuttavia, anche se non avverrà, si può affermare che questa sentenza rappresenta un caposaldo utile in tutte le fattispecie.
Esaminando alcuni passi di tale sentenza, è evidente la estrema significatività.
La Corte inizia col dire che (§13.1),
“ Proprio in quanto atto impugnabile innanzi al giudice tributario l’iscrizione ipotecaria presuppone una specifica comunicazione ai contribuente”. D’altronde, (§13.1) “l’iscrizione ipotecaria costituisce fuor di dubbio un atto che limita fortemente la sfera giuridica del contribuente”, sicchè è da applicarsi la L. n. 241 del 1990, che all’art. 21 “prevede un obbligo generalizzato di comunicazione dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari”; dal canto suo, “l’art. 6 dello Statuto del contribuente, a sua volta, prevede che debba essere garantita l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”.
La Corte in sostanza afferma il principio generale in base al quale (§ 13.3) l’iscrizione di ipoteca va comunicata al contribuente
“sulla base di un principio generale, caratterizzante qualsiasi sistema di civiltà giuridica, che assume la doverosità della comunicazione di tutti gli atti lesivi della sfera giuridica del cittadino, comunicazione che costituisce il presupposto imprescindibile per la stessa impugnabilità dell’atto, in particolare nel processo tributario che è strutturato come processo di impugnazione di atti in tempi determinati rigidamente (e solo la “notifica” dell’atto impugnato può costituire rassicurante prova dell’effettivo rispetto del termine di impugnazione).”
“La comunicazione della quale si discute (§ 13.3) deve necessariamente precedere la concreta effettuazione dell’iscrizione ipotecaria [ma lo stesso deve dirsi per qualsiasi atto – ndr], e ciò perchè tale comunicazione è strutturalmente funzionale a consentire e a promuovere, da un lato, il reale ed effettivo esercizio del diritto di difesa del contribuente a tutela dei propri interessi e, dall’altro, l’interesse pubblico ad una corretta formazione procedimentale della pretesa tributaria e dei relativi mezzi di realizzazione.”
Molto interessante poi il richiamo alla legge 241/90, quando (§ 13.5) si dice
“Siffatto orientamento costituisce anche una specifica attuazione del principio generale emergente dalla L. n. 241 del 1990, art. 7 il quale impone l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti.
La ricordata previsione normativa dell’obbligo di comunicazione (previa) di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 7 è espressione del principio costituzionale di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.)”;
a fugare ogni dubbio sulla applicabilità al diritto tributario dei principi della 241/90, la sentenza afferma (§ 13.6) che
“non rende meno valida questa ricostruzione esegetica il fatto che la L. n. 241 del 1990, art. 13, comma 2, escluda i procedimenti tributari dall’applicazione degli istituti partecipativi previsti dall’art. 7 della stessa legge, in quanto non si tratta di una esclusione tout court dei predetti istituti, bensì solo di un rinvio per la concreta regolamentazione dei medesimi alle norme speciali che disciplinano il procedimento tributario”.
La giurisprudenza sul contraddittorio endoprocedimentale
La sentenza elenca (§ 15.1) la giurisprudenza che si è mossa in questa prospettiva:
– la sentenza n. 16412 del 2007 delle Sezioni Unite, a proposito dell’avviso di mora non preceduto dalla notifica della cartella, la quale rileva che la mancata notificazione della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, che consente al contribuente di impugnare l’avviso, deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto;
– la sentenza n. 26635 del 2009, sempre delle Sezioni Unite, in materia di accertamento mediante standard (o studi di settore), secondo la quale il contraddittorio endoprocedimentale deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa;
– la sentenza n. 18184 del 2013, ancora delle Sezioni Unite, con la quale è stato affermato che la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio (endo)procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva;
– la sentenza n. 15311 del 2014 della Sezione Tributaria, in ordine alla previsione di cui D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, comma 4 – che obbliga l’amministrazione a comunicare al contribuente l’esito del controllo formale con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarate, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione – la quale afferma che dall’omessa comunicazione deriva la nullità della consequenziale cartella.
E ciò in attuazione di un principio immanente nell’ordinamento e relativo alla garanzia connessa alla previsione della comunicazione quale momento di instaurazione del contraddittorio anteriore all’iscrizione a ruolo: condividendo le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite nella ricordata sentenza n. 18184 del 2013, la Sezione Tributaria afferma che la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo … di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve … e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante.
Molto interessanti i paragrafi in cui si afferma che
“Il rispetto dei diritti della difesa e del diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, come afferma – ricordando la propria precedente sentenza del 18 dicembre 2008, in causa C-349/07 Sopropè – la Corte di Giustizia nella sua recentissima sentenza del 3 luglio 2014 in cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Wortdwide Logistics BV.
Il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento – afferma la Corte di Giustizia – è attualmente sancito non solo negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonchè il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’art. 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione.
Il citato art. 41, par. 2 prevede che tale diritto a una buona amministrazione comporta, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo.”
In conclusione, vale per la Corte (§ 18) il seguente principio di diritto:
“Anche nel regime antecedente l’entrata in vigore dell’art. 77, comma 2 bis, D.P.R., introdotto con D.L. n. 70 del 2011, l’amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 deve comunicare al contribuente che intende procedere alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che, per coerenza con altre analoghe previsioni normative presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perchè egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto.
L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’amministrazione di attivare il “contraddittorio endoprocedimentale”, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo.”
14 gennaio 2015
Danilo Sciuto