Regime della trasparenza nelle SRL: i limiti alla riattribuzione delle ritenute in eccesso

Per le società di capitali che optano per la tassazione per trasparenza non vi è la possibilità di retrocedere ai soci delle ritenute subite in eccesso.

La questione della compensabilità delle ritenute in eccesso riattribuite dai soci alla società partecipata è stata già oggetto di appositi interventi interpretativi (si vedano la C.M. 23/12/2009 n. 56 e la circolare 12/05/2010 n. 18/IR dell’IRDCEC), in rapporto alle società di persone e alle associazioni tra professionisti, ritenendo ammissibile la retrocessione delle ritenute fino a concorrenza dell’ammontare delle stesse in eccesso rispetto all’IRPEF dovuta dai soci o dagli associati.

Questa possibilità è stata negata alle società di capitali che adottano il regime della trasparenza fiscale. L’affermazione è contenuta nella R.M. 03/10/2011 n. 99, con la quale l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad una richiesta di interpello, ha chiarito che la retrocessione delle ritenute in eccesso, non può avvenire a favore di società di capitali che adottano la trasparenza ai sensi degli artt. 115 e 116 del T.U.I.R.

 

Trasparenza fiscale e ritenute in eccesso: generalità

regime della trasparenza fiscale e ritenute fiscaliCon la risoluzione dell’Agenzia delle Entra- te 03/10/2011 n. 99, rilasciata a fronte di richiesta di interpello che concerneva la possibilità di una retrocessione delle ritenute in eccesso rispetto all’IRPEF dovuta dai soci di una S.r.l. che aveva adottato il regime della trasparenza fiscale di cui all’art. 116 del rubricato: Opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria, in cui la compagine sociale è costituita esclusivamente da persone fisiche, in numero non superiore a 10 soci o 20 se cooperative.

Ebbene in queste società, al pari delle società di persone e delle associazioni tra professionisti, potrebbe verificarsi il caso di una eccedenza delle ritenute attribuite ai soci, rispetto al loro carico fiscale per- sonale complessivo, con la conseguenza che per ottimizzare la gestione finanziaria di società e soci, potrebbe ritornar utile ritrasferire alla società, le ritenute in eccesso consentendo alla società partecipata, di compensare le stesse con i debiti tributari per IVA, ritenute alla fonte, IRAP e contri- buti, dovuti dalla partecipata.

L’Agenzia delle Entrate, rispondendo all’interpello ha negato la possibilità di una riattribuzione delle ritenute in eccesso al favore della società partecipata.

E ciò sulla scorta di una motivazione formalmente corretta, ma sostanzialmente debole e congiunturalmente sconveniente che richiama unicamente l’esigenza di evitare che attraverso la retrocessione delle ritenute in eccesso si giunga al superamento del regime della trasparenza fiscale, adottato in via opzionale e si ritorni, di fatto, al regime ordinario di tassazione delle società di capitali.

La riattribuzione delle ritenute in eccesso nelle società di persone

Il tema della retrocessione delle ritenute in eccesso nelle società di persone e nelle associazioni tra professionisti è stato oggetto di analisi in un nostro precedente intervento su questa testata nel quale veniva commentata la circolare dell’Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti n. 18/IR del 12/05/2010, nella quale si affermò che l’Amministrazione finanziaria in una visione  “evolutiva e sistematica” della disposizione recata dall’art. 22 del TUIR aveva fornito un’interpretazione volta a superare, il rigido schema secondo cui la fruizione delle ritenute alla fonte a titolo d’acconto, competeva esclusivamente al soggetto a cui venivano imputate le corrispondenti quote di reddito.

Veniva, così, ad essere recuperato l’originario spirito della norma appena richiamata, che si poneva quale vera e propria disposizione di favore per il contribuente ma che, nell’attuale contesto normativo, in cui valgono ad esempio le regole di compensazione c.d. “orizzontale” di cui all’art. 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, rischiava di sortire effetti del tutto penalizzanti, nella misura in cui veniva presa in considerazione isolatamente, determinando una strutturale posizione creditoria verso l’Erario (in particolare) dei professionisti che svolgono l’attività in forma associata.

Di qui l’interpretazione ministeriale favorevole al contribuente che apriva alla possibilità di riattribuire alle società o alle associazioni di cui all’art. 5 del TUIR, le ritenute che residuano dopo il loro scomputo dall’IRPEF dovuta dai soci o associati, permettendo così ai sodalizi partecipati di compensare “orizzontalmente” le ritenute in eccesso ad esse retrocesse.

Occorreva fornire una diversa lettura dell’art. 22, comma 1, lettera c) ultimo periodo del TUIR, allorché si legge che le ritenute operate sui redditi delle società, associazioni e imprese indicate nell’articolo 5 si scomputano, nella proporzione ivi stabilita, dalle imposte dovute dai singoli soci, associati o partecipanti.

La disposizione, se letta singolarmente, non lascerebbe spazi di manovra al contribuente; in tal senso, pertanto, prima della diffusione delle conclusioni raggiunte con la circ. n. 56/E del 23 dicembre 2009, la prassi ne aveva decretato l’esclusivo utilizzo da parte del socio o associato, escludendo qualsivoglia forma di riattribuzione alla società o associazione delle ritenute non utilizzate.

Questa impostazione si è tuttavia rivelata penalizzante in tutta una serie di circostanze in cui l’impatto dei componenti negativi rispetto a quelli positivi risultava particolarmente elevata, situazioni in cui, a seguito del trasferimento delle ritenute connesso all’applicazione del regime di trasparenza fiscale, maturavano importi a credito in capo all’associato destinati ad essere riportati a nuovo in dichiarazione o a essere richiesti a rimborso, a dispetto della possibilità per l’associazione di compensare, sin da subito, il credito IRPEF rimasto inutilizzato in capo all’associato, con gli importi dovuti all’Erario a titolo di IVA o di IRAP.

Analoghe situazioni avrebbero potuto verificarsi nel caso di società di persone o comunque di soggetti “trasparenti” sul piano fiscale che effettuano prestazioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, in quanto anche su tali provvigioni viene ad essere applicata una ritenuta a titolo di acconto.

Si rendeva necessario, dunque, adottare una chiave di lettura “evolutiva e sistematica”, che non poteva trascurare,   a  parere dell’Amministrazione finanziaria, che la predetta posizione creditoria, essendo relativa alla sfera dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, rientra da un punto di vista oggettivo tra i crediti che possono essere utilizzati in compensazione, ai sensi del già citato art. 17 del D. Lgs. n. 241/1997.

Inoltre, andava considerato che la disposizione attualmente recata dall’art. 22 del TUIR rappresentava, in origine, una norma necessaria in quanto consentiva lo scomputo delle ritenute a un soggetto diverso da quello che le aveva subite (società o associazione) soltanto perché quest’ultimo, in virtù del principio di trasparenza, non costituiva (così come ancora attualmente) il soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi.

Tale norma, dunque, nelle intenzioni originarie del Legislatore, non conteneva alcun divieto nei confronti della società o associazione, ma sanciva soltanto un diritto a favore dei soci o associati.

In definitiva, secondo l’Amministrazione finanziaria, i soci o associati di società e associazioni di cui all’art. 5 del TUIR avrebbero potuto accordare espressamente il proprio consenso all’utilizzo da parte della società o associazione delle ritenute che residuano una volta operato lo scomputo dal proprio debito IRPEF, con la conseguenza che il credito ad esse relativo avrebbe potuto essere utilizzato dalle prime in compensazione con i pagamenti di altre imposte e contributi attraverso il modello F24.

Questa maggiore elasticità nei riguardi delle esigenze di carattere finanziario del contribuente non poteva tramutarsi in arbitrio in relazione alla gestione di poste creditorie nei confronti dell’Erario e la scelta di retrocessione alla società partecipata delle ritenute in eccesso diveniva una scelta irrevocabile. La procedura di riattribuzione delle ritenute residue, secondo la C.M. 23/12/2009 n. 56, doveva avvenire con un apposito atto avente data certa, che poteva essere costituito da:

  1. scrittura privata autenticata
  2. una clausola inserita nell’atto costitutivo

 

L’ interpretazione restrittiva riguardante le società di capitali

Passando all’esame del quesito oggetto della risoluzione oggi commentata, in essa leggiamo:

Quesito

La società istante riferisce di aver optato per il regime della trasparenza di cui agli artico- li 115 e 116 del e di svolgere una attività in relazione alla quale la clientela ha diritto a fruire delle detrazioni fiscali del 36% e del 55%.

L’articolo 25 del decreto legge n. 78 del 2010 ha previsto una ritenuta di acconto del 10% sui bonifici effettuati dai clienti (ridotta al 4% per effetto dell’art. 23, c. 8, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) che rappresentano le modalità obbligatorie per ottenere le agevolazioni suddette. In applicazione del regime di trasparenza, le ritenute a titolo di acconto subite dalla società sono scomputabili dall’imposta dovuta dai soci e, di conseguenza, il credito che viene a formarsi per effetto delle ritenute in argomento non può essere utilizzato in compensazione dalla società, ma deve essere riportato nelle dichiarazioni dei redditi dei soci i quali, nella maggior parte dei casi, possono recuperare il credito solo attraverso la richiesta di rimborso.

Tanto premesso, l’istante chiede di conoscere se la società, pur permanendo nel regime di trasparenza, possa utilizzare il credito corrispondente al- le ritenute subite per assolvere mediante compensazione i propri oneri tributari e contributivi.

 

Soluzione Interpretativa Prospettata dall’istante

L’interpellante ritiene possibile la compensazione in capo alla società nonostante l’opzione per il regime di trasparenza.

 

Parere dell’Agenzia Delle Entrate

 Il regime giuridico della tassazione per trasparenza di cui agli articoli 115 e 116 del , prevede che il reddito prodotto dalla società partecipata, determinato con le modalità ordinarie, non sia tassato direttamente in capo alla stessa, ma sia attribuito, in percentuale, a ciascun partecipante e in capo allo stesso assoggettato a tassazione, a prescindere dall’effettiva percezione.

In ogni caso, sia per quanto concerne le società partecipate da altre società di capitali (articolo 115 del T.U.I.R.), sia per quanto concerne il caso di specie, cioè le S.r.l. partecipate da persone fisiche (articolo 116 del T.U.I.R.), il regime di trasparenza costituisce un regime opzionale, esercitabile con le modalità di cui all’articolo 4 del decreto ministeriale del 23 aprile 2004.

L’opzione è subordinata a una serie di adempimenti formali che devono essere effettuati sia dai soci che dalla società partecipata.

A tal proposito, la circolare del 22 novembre 2004, n. 49, ha chiarito, al punto 2.7., che l’invio della comunicazione è condizione essenziale per l’ammissione al regime di trasparenza, essendo a tal fine irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti dalle società interessate.

Per le società che optano per il regime in commento, l’articolo 115, comma 3, del T.U.I.R., dispone che le ritenute operate a titolo d’acconto sui redditi di tale società, i relativi crediti d’imposta e gli acconti versati si scomputano dalle imposte dovute dai singoli soci secondo la percentuale di partecipazione agli utili di ciascuno.

A sua volta, la circolare del 22 novembre 2004, n. 49, al punto 2.11., ha chiarito che le ritenute d’acconto subite dalla partecipata ed i relativi crediti d’imposta, devono essere obbligatoriamente imputati ai soci secondo la percentuale di partecipazione agli utili e sono da questi scomputabili dalle proprie imposte.

Tanto premesso, si tratta di stabilire se, una volta esercitata l’opzione per trasparenza, la società possa in ogni caso trattenere il credito maturato per effetto delle ritenute subite e utilizzarlo in compensazione dei propri oneri tributari e contributivi.

A tal proposito, come è noto, la circolare del 23 dicembre 2009, n. 56, nel fornire una lettura coordinata dell’articolo 22 del T.U.I.R. con l’articolo 17 del decreto legislativo 241 del 1997, ha previsto che i soci o associati alle società ed associazioni di cui all’articolo 5 del T.U.I.R. possano acconsentire in maniera espressa a che le ritenute che residuano, una volta operato lo scomputo dal loro debito IRPEF, siano utilizzate dalla società o associazione affinché il credito ad esse relativo, inevitabilmente maturato dalla società o associazione per assenza di imposta a debito, possa essere dalle stesse utilizzato in compensazione per i pagamenti di altre imposte e contributi mediante il modello F24 ex articolo 17 del D. Lgs. n. 241 del 1997.

Al riguardo, la scrivente è dell’avviso che la medesima opportunità non si possa estendere anche ai soggetti trasparenti di cui agli articoli 115 e 116 del T.U.I.R.. Infatti, per i soggetti di cui all’articolo 5 del T.U.I.R., l’imputazione del reddito direttamente in capo ai soci, per effetto della quale si genera il credito, talvolta difficilmente compensabile, costituisce il regime naturale di tassazione; diversamente, nonostante il regime di tassazione per trasparenza sia strutturato in maniera analoga a quello previsto per le società di persone, l’imputazione del reddito direttamente in capo ai soci costituisce, come già precisato, il risultato di una mera scelta opzionale, poiché il regime naturale della società a responsabilità limitata prevede la tassazione in capo alla medesima.

Ne consegue, quindi, che la riattribuzione delle ritenute in capo alla società che ha optato per il regime della trasparenza, avrebbe l’effetto di ricondurre (anche se solo limitatamente alle ritenute) il soggetto trasparente all’ordinaria modalità di tassazione IRES, in evidente contraddizione con la scelta operata. Non è un caso, infatti, che i documenti di prassi sull’argomento (circolare del 23 dicembre 2009, n. 56, circolare del 12 marzo 2010 n. 12, risoluzione dell11 febbraio 2010 n. 6), facciano esclusivo riferimento ai soggetti di cui all’articolo 5 del T.U.I.R..

Resta inteso, naturalmente, che il credito di imposta formatosi per effetto della ritenuta può essere recuperato attraverso la richiesta di rimborso da parte dei soci.

 

Conclusioni

La posizione dell’Agenzia delle Entrate appare formalmente corretta, ma nella so- stanza non condivisibile e soprattutto inopportuna nell’attuale congiuntura.

Impedire alle società di capitali partecipate di riacquisire le ritenute che i soci non sono in grado di assorbire con il loro carico tributario personale, non trova motivazione convincente. Il fatto che il regime sia opzionale, non cambia la sostanza delle cose e per le società partecipate, che devono pagare IVA, contributi e ritenute, sarà necessario in presenza di scarsa liquidità, fare ricorso ai soci con nuovi conferimenti o alle banche per chiedere nuovi prestiti.

I soci dovranno attingere ai loro risparmi per ricapitalizzare la società che deve pagare i propri debiti, in attesa di recuperare i crediti erariali, dei quali avranno effettuato domanda di rimborso.

Le misure straordinarie che hanno portato all’introduzione di ritenute d’acconto sugli importi riscossi per i lavori di ristrutturazione (ad esempio, per i lavori che fruiscono della deduzione 36 % o del 55 %) prima del 10 %, (successivamente ridotta al 4 % con decorrenza da Luglio 2011), vanno compensate, con la possibilità per le imprese (tutte) di una gestione accentrata dei crediti tributari, in modo da evitare fenomeni di asimmetria finanziaria tra società e soci.

E ciò perché al momento della scelta del regime fiscale della trasparenza, non potevano prevedere che di lì a qualche anno sarebbe stata introdotta una ritenuta fiscale d’acconto sui redditi delle imprese edilizie, che nelle S.r.l. trasparenti poteva comportare una condizione di crediti IRPEF per i soci, eccedenti rispetto all’IRPEF da loro dovuta. A questo punto, a parte i rischi dei soci connessi all’adozione del regime di trasparenza fiscale in caso di accertamento, vi è un ulteriore elemento per lasciare questo regime che si sta rivelando denso di problemi per i soci partecipanti.

 

A cura di Enrico Larocca

17/10/2011

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