L’agrivoltaico promette di unire coltivazione e produzione di energia rinnovabile, ma non mancano dubbi sull’inquadramento fiscale degli impianti. Quando si può applicare l’inversione contabile IVA? Una recente risposta chiarisce aspetti decisivi per chi opera nel settore agricolo.
L’impianto agrivoltaico: definizione
L’impianto agrovoltaico, o agrivoltaico, è un sistema progettato per preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola sul sito di installazione. L’obiettivo è quello di massimizzare l’utilizzo del suolo, consentendo da un lato la coltivazione del terreno e dall’altro la generazione di energia rinnovabile.
È un modo, in altre parole, per sfruttare in modo efficiente le risorse disponibili, contribuendo alla sostenibilità ambientale e alla diversificazione delle attività agricole.
Il ministero della Transizione ecologica definisce gli impianti agrivoltaici come installazioni fotovoltaiche che permettono di mantenere la continuità delle attività agricole o pastorali sul sito. Un impianto “agrivoltaico avanzato” integra strettamente produzione agricola ed elettrica tramite una progettazione e delle tecnologie volte a massimizzare entrambe le funzioni.
In tema di impianto agrivoltaico è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate.
Installazione di impianto agrivoltaico e IVA
Il titolare di una ditta individuale intendeva realizzare un impianto agrivoltaico avanzato su un terreno agricolo in conduzione. Aveva già installato un impianto fotovoltaico totalmente integrato su serre, per il quale ha applicato il reverse charge (articolo 17, DPR n. 633/1972).
Il contribuente ha chiesto se il meccanismo di inversione contabile possa essere applicato (come succede per gli impianti installati su edifici e loro pertinenze) anche quando l’impianto agrivoltaico avanzato è installato in ambito agricolo con finalità di sfruttamento agrivoltaico, ovvero quando l’impianto fotovoltaico è installato su terreno agricolo, ma non rientra tra quelli che possono essere considerati “a terra funzionali a edifici” (ad esempio se non integrato a edifici).
L’articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr n. 633/1972, regola l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di servizi relative a edifici: installazione di impianti, pulizie, demolizioni e completamenti.
Tale regime, però, è limitato agli interventi su “edifici” e non si estende a qualsiasi bene immobile. L’Agenzia delle entrate ha poi affermato che nel regime sono compresi solo i fabbricati abitativi o strumentali, inclusi quelli in costruzione (categorie catastali F3 e F4), ma sono esclusi terreni, giardini, piscine, parcheggi, salvo che non siano parte integrante dell’edificio.
Si applica o non il reverse charge?
L’Agenzia osserva che, generalmente, gli impianti agrivoltaici si installano su suoli agricoli e non su edifici. Pertanto, solo nel caso in cui l’impianto sia parte integrante di una struttura edilizia— ad esempio, pannelli sui tetti delle serre accatastate come edifici — potrebbe applicarsi l’inversione contabile. Altrimenti, si ricade nell’ordinario regime Iva.
L’applicazione del reverse charge agli acquisti e alle installazioni di impianti agrivoltaici non è quindi generale, ma richiede un’attenta valutazione caso per caso. L’elemento discriminante è la connessione funzionale e strutturale con un edificio.
Va al contribuente l’onere di verificare se le caratteristiche del proprio impianto soddisfino o meno tale criterio.
Ricordiamo che in caso di fatturazione erroneamente fatta in regime di reverse charge, è prevista la sanzione è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro (art. 6 comma 9bis-2 D. Lgs. 472/97).
Fonte: Agenzia Entrate, Risposta ad interpello, la n. 156 dello scorso 16 giugno.
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Danilo Sciuto
Venerdì 20 Giugno 2025