Quando una sentenza si limita a citare orientamenti giurisprudenziali senza spiegare come li abbia applicati al caso concreto, rischia di essere nulla per “motivazione apparente”. Manca il necessario giudizio sui fatti, rendendo il ragionamento del giudice incomprensibile.
Ma cosa significa davvero questo per il contribuente? Quando questa situazione porta all’annullamento della sentenza stessa? Scopriamolo insieme.
Motivazione apparente: quando una sentenza rischia l’annullamento
La sentenza che richiama soltanto un orientamento giurisprudenziale senza minimamente dimostrare di avere applicato, nella fattispecie concreta, quanto da esso previsto, riporta una motivazione apparente perché carente del giudizio di fatto, e si basa su una affermazione generale e astratta.
Secondo la Cassazione, la mancanza completa di tali elementi non consente alcun controllo sulla correttezza del sillogismo giudiziale che ha portato alla conferma dell’avviso di accertamento, difettando in sintesi la manifestazione della verifica dei fatti, elemento base per l’applicazione della norma di diritto alla fattispecie concreta.
Motivazione dell’atto impositivo
L’art. 4 della legge delega n. 111/2023 ha previsto alcune modifiche alla legge sullo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000) tra cui si registra quella relativa all’obbligo di motivazione degli atti impositivi che ne esce rafforzato e che deve indicare le prove su cui si basa la pretesa impositiva.
L’art. 7 legge n. 212/2000, come modificato dalla l. n. 219/2023, prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 legge n. 241/1990, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche sui si fonda la decisione”, non potendosi mai rendere in affermazioni generiche, di stile, poiché costituisce non solo imprescindibile requisito di legittimità dell’atto impositivo, ma anche strumento di garanzia delle posizioni soggettive di cui è portatore il destinatario.
Dalla lettura di tale disposizione emerge che la motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria deve essere chiara e rendere comprensibile l’iter logico-giuridico su cui si fonda la pretesa impositiva (Cassazione n. 13620/2023).
Il regime introdotto dall’art. 7 prevede, poi, che l’obbligo di motivazione degli atti tributari possa essere adempiuto anche “per relationem“, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti