L’assoggettamento alla TARI dei magazzini aziendali è un tema che continua a generare dibattiti e contenzioso fra contribuenti e Comuni.
Recenti interventi normativi e giurisprudenziali hanno chiarito l’esclusione dalla tassa per superfici produttive e magazzini funzionalmente legati al ciclo industriale. Scopriamo le principali sentenze e normative sull’argomento.
Inquadramento normativo e giurisprudenziale sull’assoggettamento alla TARI dei magazzini aziendali
Alcuni recenti interventi della Giustizia Amministrativa hanno riacceso i riflettori sul tema dell’assoggettamento alla TARI dei magazzini di semilavorati e prodotti finiti.
La questione nasce dall’interpretazione, sin dall’origine ampliamente dibattuta, dell’inserimento o meno dei magazzini dei prodotti finiti tra quelli che, a mente dell’articolo 1, comma 649, della legge 147/2013, beneficiano dell’esclusione dalla Tari ove funzionalmente ed esclusivamente collegati alle aree ove si producono rifiuti speciali.
Il nodo interpretativo: magazzini e rifiuti speciali
La norma appena richiamata stabilisce che anche ai magazzini di materie prime e merci funzionalmente ed esclusivamente collegati a dette attività produttive di rifiuti speciali, si estende il divieto di assimilazione dei rifiuti.
Evoluzione legislativa: dal D.Lgs. 152/2006 al D.Lgs. 116/2020
La disposizione era nata in vigenza delle norme del D.Lgs. 152/2006 che rimettevano al Comune il compito di stabilire l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, in base agli specifici criteri statali (articolo 198), compito che è stato soppresso dal D.Lgs. 116/2020.
Quest’ultimo ha invece fornito una definizione uniforme su tutto il territorio nazionale di quali siano i rifiuti speciali da considerare urbani, sopprimendo il potere di assimilazione.
Nella formulazione attuale l’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), del D.lgs. 152/2006 stabilisce che sono urbani i rifiuti speciali rientranti nell’elenco di quelli indicati nell’allegato L-quater al