Per il giudice di Cassazione è legittima la comminazione della sanzione tributaria al socio accomandante in caso di illecito fiscale perpetrato dagli accomandatari. Secondo i giudici, anche il socio accomandante, in virtù dei diritti/poteri di verifica contabile previsti dalla Legge, incorre in una condotta colposa qualora, anche con l’eventuale l’ausilio di professionisti competenti, non li eserciti.
La Cassazione ha riformato la sentenza della C.T.R. della Toscana relativa ad un avviso di accertamento Irpef per gli anni 2009 e 2010, effettuato nei confronti di una società in accomandita semplice, di cui il contribuente era socio accomandante.
Tale avviso era divenuto definitivo nei confronti della società per omessa impugnazione e, quindi imputato per trasparenza, ex art. 5 TUIR, nei confronti del contribuente in proporzione alla quota societaria dallo stesso detenuta.
L’atto impositivo notificato al socio accomandante era stato annullato relativamente all’irrogazione delle sanzioni, in quanto la CTR aveva ritenuto che al contribuente non fosse imputabile alcun coefficiente di dolo o colpa per il maggior reddito accertato in capo alla società, e quindi, non gli dovessero essere comminate le sanzioni previste, poiché l’omesso controllo non sarebbe dipeso da negligenza o complicità, ma nella comprensibile fiducia nell’agire dei suoi familiari, pure essi soci e nei quali era concentrato il potere gestionale, al quale il socio accomandante era estraneo, anche per formazione professionale.
La responsabilità fiscale del socio accomandante
Nella sentenza la Corte di Cassazione ha invece ribadito il principio, già reiteratamente affermato (Cassazione n.22122-2010; Cass. n.3011-2007; Cass. n. 11997-2006), secondo cui:
“il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confr