In caso di cessione di quote di società di persone in corso d’anno può essere creare dubbi: l’utile delle società di persone da dichiarare da parte dei soci non si realizza in modo progressivo, nel tempo, dovendosi far riferimento alla situazione esistente alla fine dell’anno. L’unica eccezione è data dalla variazione infrannuale della percentuale di attribuzione dell’utile, indipendentemente dalla percentuale di possesso del capitale. Analizziamo le singole fattispecie che si possono presentare.
La cessione di quote di società di persone
L’imputazione dei redditi ai soci, nel caso di cessione di quote di società di persone nel corso dell’anno, non sempre è del tutto chiara ed evidente.
Ipotizziamo tre diverse fattispecie:
- cessione di quote a nuovi soci;
- cessione di quote tra soci;
- variazione di quote di partecipazione agli utili tra i vecchi soci, con o senza modifiche alle quote di partecipazione al capitale.
Cessione di quote a nuovi soci
In caso di cessione infrannuale delle quote a nuovi soci, i redditi dovranno essere dichiarati dai soci esistenti al 31 dicembre, nelle percentuali loro spettanti, a nulla influendo la data di trasferimento della proprietà.
Oramai si tratta di orientamento assolutamente condiviso, e fatto proprio anche dalla amministrazione finanziaria.
Sul punto si segnala una risalente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 8423 del 23 febbraio 1994 che conferma Commissione Tributaria Centrale n. 3220 del 24 aprile 1991).
In tale sentenza la Cassazione aveva specificato che, in caso di cessione di quote di società di persone nel corso dell’esercizio, gli utili si imputano per intero al soggetto che sia socio al momento dell’approvazione del rendiconto (socio cessionario), e non certamente ad entrambi i soci (cedente e cessionario) in misura proporzionale alla durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell’esercizio.
Infatti, la produzione del reddito da parte della società, seppure teoricamente progressiva, non è certamente continua ed uniforme nel tempo. Appare quindi del tutto irrazionale ipotizzare un frazionamento del reddito in base al tempo di possesso della quota.
Ma in tale sentenza il riferimento è alla data di approvazione del rendiconto, non alla data di chiusura dell’esercizio.
Quindi letteralmente l’utile della società andrebbe imputato esclusivamente al socio cessionario anche nel caso in cui il mutamento nella compagine sociale fosse avvenuto tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di approvazione del rendiconto.
Si tratta di una tesi assolu