Nonostante l’importanza data al modello organizzativo da D.Lgs. 231/2001 è impensabile poter tracciare un quadro completo di elementi che possano garantire l’idoneità dei modelli organizzativi a contrastare la commissione del reato.
Quando, però, il reato è commesso, sebbene sia presente un modello organizzativo, la valutazione di quest’ultimo segue un criterio obiettivo e condivisibile, che può comportare la responsabilità dell’ente.
Valutazione dei modelli organizzativi secondo la Legge 231/2001 – argomenti trattati:
- La Corte costituzionale e la L. 231/2001
- La responsabilità amministrativa dell’ente
- L’assoluzione del manager e la sanzione all’ente
- Due modelli organizzativi?
- La legittimità della doppia prescrizione
- Alcuni interventi della Corte di Cassazione penale
- La valutazione successiva del modello organizzativo
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La Corte costituzionale e il D.Lgs. 231/2001
Spazziamo via, preliminarmente, ogni dubbio sulla costituzionalità del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (di seguito D.Lgs.), contenente la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.
A tal proposito, la Corte Costituzionale, con sentenza del 18 luglio 2014, n. 218, ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 c.p.p. (Citazione del responsabile civile) e delle “disposizioni integrali” del D.Lgs. 231/2001.
Inammissibilità e formulazione delle questioni: precedenti rilevanti della Corte
La Corte delle Leggi ricorda che l’ordinanza di rimessione:
- censura l’intero testo normativo, senza individuare la disposizione, che si afferma, essere lesiva del principio di uguaglianza;
- non indica l’intervento additivo da assumere per eliminare la denunciata illegittimità costituzionale;
- parte dall’erroneo presupposto interpretativo secondo il quale l’art. 83, comma 1, c.p.p,. non consentirebbe la citazione dell’ente come responsabile civile.
ed afferma che:
- a differenza di quanto affermato dal rimettente, l’illecito di cui l’ente è chiamato a rispondere, in base al D.Lgs., non corrisponde al reato perpetrato dalla persona fisica, con la conseguenza che detta persona e l’ente non possono essere coimputati nel medesimo reato;
- la citazione dell’imputato come responsabile civile per il fatto dei coimputati non è esclusa prima del suo proscioglimento, ma è condizionata, nel senso che produce effetto solo nel caso in cui l’imputato venga prosciolto od ottenga una sentenza di non luogo a procedere;
- pertanto, l’art. 83, comma 1, c.p.p., non impedisce la citazione dell’ente come responsabile civile;
- in quanto all’onere gravante sul rimettente di ricercare la norma o la parte di essa che provocherebbe la lamentata lesione dei parametri costituzionali evocati, è utile guardare, ex plurimis, le ordinanze nn. 21/2003, 337/2002 e 97/2000;
- in ordine alla inammissibilità delle questioni per generica e incerta formulazione del petitum, è il caso di rivedere le seguenti citate pronunce: sentenze nn. 60/2014 e 16/2011; ordinanze nn. 318/2013 e 113/2012;
- infine, in merito alla erroneità del p