Testimonianza scritta, ammessa nel processo tributario

Una recente pronuncia apre alla prova testimoniale scritta nel processo tributario, fino a ieri quasi del tutto assente. Ma quando è ammissibile? E quali limiti incontra rispetto agli atti ufficiali? Un cambiamento che inciderà profondamente sul diritto alla difesa.

Si prende spunto da una recente sentenza di merito che ha decretato l’ammissione della prova testimoniale scritta nel processo tributario, come previsto dall’art. 5, comma 4, D.Lgs n. 546/1992 e art. 257-bis codice procedura civile, da cui la medesima prova prende origine (CGT 1° gr Piacenza).

A tal proposito l’art. 7, comma 4, D.Lgs n. 546/1992, come modificato dalla Legge n. 130/2022, ha introdotto la testimonianza scritta nel processo tributario – istituto prima non contemplato al pari del giuramento attesa la natura documentale del processo tributario (cfr Cassazione n. 23381/2022; n. 13174/2019).

 

La testimonianza scritta nel processo tributario

testimonianza scritta processo tributarioL’ammissibilità della testimonianza scritta è prevista quando ricorrono due condizioni:

  • il giudice deve considerarla necessaria ai fini della sentenza, annullando l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o insufficiente a dimostrare le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva;
  • se la pretesa impositiva si fonda su verbali o altri atti facenti prova fino a querela di falso, la prova può essere autorizzata solo su fatti diversi da quelli attestati dal pubblico ufficiale; in tale caso la prova sarà ammessa solo per situazioni di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.

L’istituto in esame, dal momento della sua previsione, non ha trovato molto riscontro nel giudizio tributario, ma in alcune decisioni, come nella fattispecie, è stata ammessa.

Nel processo tributario, diversamente da quanto succede nel giudizio civile in cui il giudice deve accertare che attore e convenuto convergano sull’opportunità di assumere la prova testimoniale, la testimonianza scritta può essere assunta “anche senza l’accordo delle parti; sotto tale profilo, quindi, emerge che, mentre il diritto delle parti al contraddittorio, in tema di prova, è assicurato dal codice di rito ordinario, ed in particolare dalle facoltà e dai termini previsti dall’art. 171-ter codice procedura civile, cosa, invece, che non è previsto per il processo tributario.

In merito alla prova testimoniale, quindi, il nuovo art. 7, comma 4, D.Lgs n. 546//92, prevede che la Corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’art. 257-bis codice procedura civile.

Tale prova, così come concepita dal legislatore con l’ultima riforma, deve essere specifica e deve essere idonea a smentire le risultanze contenute nell’atto impugnato.

Nelle ipotesi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti prova fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.

L’ammissibilità della prova testimoniale, introdotta con l’ultima riforma fiscale, è rimessa alla scelta discrezionale del giudice, nei casi in cui la ritenga necessaria ai fini della decisione.

La dichiarazione resa dalla suocera, la quale avrebbe versato ogni mese una somma per consentire al ricorrente di poter vivere, risulta superflua in quanto generica e non idonea a smentire i dati e il contenuto dell’atto impositivo, ossia che i maggiori redditi accertati non fossero stati distribuiti a lui nel periodo d’imposta considerato.

 

Il caso: accertamento per operazioni inesistenti

Nel caso di specie, il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha accertato una dedotta fatturazione per operazioni inesistenti relativa a due forniture di merce.

Per tali operazioni lo stesso contribuente ha chiesto l’ammissione della testimonianza scritta, con indicazione di quattro capi di prova ed un testimone, al fine di provare l’avvenuto ritiro della merce presso la società intestataria della fattura ed il successivo utilizzo di detta merce da parte del ricorrente, mentre l’ufficio si è opposto a tale mezzo istruttorio.

I giudici hanno ammesso la prova, ritenuto in primis che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, allorché l’Amministrazione finanziaria ha verificato, seppure in forma indiziaria e presuntiva, l’inesistenza delle operazioni, incombe al contribuente provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (cfr. Cassazione n.16493/2024; 25891/2023; 32217/2023; 37361/2022).

Considerato che la testimonianza scritta è richiesta per dare prova dell’effettiva esistenza delle operazioni contestate dall’ufficio finanziario, deve ritenersi necessaria ai fini della decisione ex art. 7, comma 4, D.Lgs n. 546/1992, e ciò ancor di più per il fatto che l’Agenzia ha contestato che la documentazione agli atti firmata dal testimone fosse “univocamente riferibile al dichiarante”, e che è stata offerta idonea prova dell’effettuazione delle operazioni contestate.

Circa l’inammissibilità della testimonianza scritta perché contraria al contenuto del pvc redatto alla fine della verifica fiscale, la Corte ha ritenuto che trattasi di un errore, in quanto l’atto pubblico del pvc x art. 2700 c.c. fa piena prova fino a querela di falso solo per le dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua presenza, come previsto dall’art.7, comma 4, D.Lgs n. 546/1992; mentre non si estende ai fatti di cui il pubblico ufficiale si sia convinto in base a presunzioni.

Nel caso specifico emerge che i verbalizzanti non hanno direttamene accertato l’inesistenza della fornitura di merce, ritendendo di desumere solo dai documenti rinvenuti.

Per tutto quanto sopra, visti gli articoli 5, comma, 4 D.Lgs. n. 546/1992 e 257-bis codice procedura civile, il Collegio ha ammesso la prova testimoniale scritta così come dedotta dal ricorrente con riferimento ai capitoli e al testimone indicato, fissando una data successiva per espletare tale incombenza.

 

La limitata giurisprudenza sulla testimonianza nel processo tributario

In tema di giudizio tributario, il nuovo comma 5 bis dell’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongono al contribuente l’onere della prova contraria. (Cassazione n. 2746/2024).

La nuova formulazione dell’art. 7, comma 5 bis, d. lgs n. 546/1992 (entrata in vigore il 16 settembre 2022) non modifica l’ordinaria ripartizione dell’onere della prova, limitandosi semplicemente ad affermare che è l’Amministrazione finanziaria a dover provare le ragioni oggettive dell’accertamento, senza giungere ad addossare ogni onere probatoria all’Agenzia delle entrate.

Tale ordinaria ripartizione dell’onere della prova nel giudizio resta ancorata ai principi classici, ovvero quelli stabiliti dall’art. 2697 c.c. che non risulta affatto abrogato o comunque inapplicabile al processo tributario (CGT 2° gr Abruzzo n. 1/2024).

L’ammissibilità della prova testimoniale ex art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546/1992 è rimessa alla scelta discrezionale del giudice nel caso in cui la ritenga necessaria ai fini della decisione.

Tale prova deve essere specifica e deve essere idonea a smentire le risultanze contenute nell’atto impugnato. Sulla base di questa affermazione il Collegio ha rigettato il ricorso di un contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva contestato l’indebita percezione di utili extra-bilancio da società a ristretta base azionaria. In particolare, i giudici tributari hanno ritenuto che la dichiarazione rilasciata dalla suocera del ricorrente fosse troppo generica e, dunque, superflua per costituire valida prova contraria della mancata distribuzione delle somme accertate (CGT 1° gr Venezia n. 507/2024).

La prova testimoniale ha carattere speciale non soltanto rispetto alla prova testimoniale quale prova legale prevista dal processo civile, ma anche alla testimonianza scritta di cui all’art. 257-bis Cpc. La prova testimoniale che abbia generico contenuto e documentale può consentire al giudice di pervenire alla decisione senza necessità di acquisire ulteriori elementi di prova (CGT 2° gr Napoli n. 4697/2024; CGT 1 gr Napoli n. 3699/2024).

In tema di IMU la richiesta di rimborso per assenza dei presupposti impositivi, il giudice può escludere l’ammissibilità della prova testimoniale in quanto dalla sua introduzione non emergono fatti nuovi, anche sulla base della documentazione presente in atti, utili e decisivi per il giudizio (CGT 1° gr Udine n. 67/2024).

La prova testimoniale non può essere ammessa rispetto agli stessi verbalizzanti e sottoscrittori del processo verbale di constatazione, poiché i quesiti che si vorrebbe porre, afferiscono a elementi già espressamente riportati nello stesso. In particolare, può riguardare la contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, il ricorrente aveva chiesto di ammettere la testimonianza dei militari della Guardia di Finanza che avevano proceduto alla verifica (CGT 1° gr Foggia n. 538/2024).

Se la prova testimoniale è resa da soggetti legati da vincoli di parentela e se la decisione è già matura dal profilo istruttorio, la stessa non è accoglibile. In tal senso occorre tener presente la previsione di cui all’ultimo periodo del citato art. 7, comma 4, in base al quale, secondo cui:

Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede sino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”. (CGT 2° gr Toscana n. 522/2023).

 

Fonte: Sentenza CGT 1° gr Piacenza n. 23/2025.

 

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Martina Di Giacomo

Mercoledì 7 maggio 2025

 

Le novità della Riforma del Contenzioso Tributario

Guida agli aspetti teorici e pratici della riforma del 2024 con fac-simile di ricorso tributario

A cura di: Avv. Enzo Di Giacomo
Edizione: Aprile 2025
Pagine: 49 pagine
Formato: PDF

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  • La revisione dell’onere della prova
  • La compensazione delle spese di giudizio (aggiornato con la sent. n. 1147/2025)
  • Il principio del contraddittorio (aggiornato con la sentenza n.582/2025)
  • L’abolizione del reclamo e della mediazione

Aggiornato con la recente sentenza n. 36/2025 (deposito 27/03/2025) della Corte Costituzionale.

L’autore, rispetto alla prima edizione, pubblicata con il Commercialista Telematico, ha inteso approfondire tutte le tematiche trattate e introdotte dalla legge n. 130/2022 e i D.Lgs nn. 219 e 220/2023 in tema di riforma del contenzioso tributario, arricchendo le medesime con recente giurisprudenza di merito e di legittimità.

In particolare, è stato inserito un nuovo capitolo rispetto all’edizione precedente riguardante il ricorso tributario con fac-simile allegato, utile strumento per gli operatori del settore. Nello stesso capitolo emerge, premesso il nuovo concetto di giurisprudenza tributaria introdotto dal D.lgs. n 175/2024 (applicabile dall’1/01/2026), l’obbligo per le parti processuali, di utilizzare esclusivamente le modalità telematiche per la notifica e il deposito di atti processuali, nonché la nuova elencazione degli atti impugnabili (art. 19 D.Lgs n. 546/1992).

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