L’interazione tra reddito concordatario e imposte anticipate solleva dubbi significativi, specie nei casi in cui la rigida applicazione delle regole fiscali conduca a fenomeni di doppia imposizione. La questione si fa critica quando componenti reddituali, come i compensi agli amministratori, sfuggono alla deduzione, rivelando incoerenze nel sistema e profili di possibile incostituzionalità.
La questione che si vuole esaminare si correla specificamente alle differenze temporanee che, in conseguenza delle particolari dinamiche impositive che il TUIR raccorda a taluni componenti reddituali, generano il c.d. effetto imposte anticipate, come, per ricongiungere la questione all’esempio più frequentemente rappresentato nella pubblicistica, avviene per il compenso agli amministratori dedotti per competenza, ma fiscalmente ripresi in quanto non pagati dalla società.
Se il pagamento degli emolumenti avviene temporalmente in un periodo d’imposta di vigenza del concordato, viene comunemente rappresentato come la simmetrica variazione in diminuzione compensativa di quella in aumento operata nel periodo d’imposta della sola maturazione del compenso, s’infranga con la determinazione predefinita del reddito concordatario, rendendo non beneficiabili le corrispondenti imposte anticipate, che, pertanto, devono essere stralciate dal bilancio.
CPB e imposte anticipate: le incongruenze evidenti
Una tale conclusione è senz’altro corretta se lo scrutinio viene limitato ad una mera aderenza alla versione letterale del testo normativo, ma di inconciliabile coerenza con uno dei fondamentali principi di presidio costituzionale dell’obbligazione tributaria rigorosamente legiferato a divieto della doppia tassazione incentrata sul medesimo presupposto d’imposta e di irragionevole discriminazione con la ratio sottesa alle prescrizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 16 del D.Lgs 13/2024 a mente dei quali