L’IRES premiale come spiraglio di salvezza dell’umano (contrastato dalla tecnocrazia)

L’IRES premiale può essere un ottimo strumento legislativo per difendere il lavoro umano in un momento in cui la tecnica potrebbe scalzare la componente umana.

Articolo tratto da Blast – Quotidiano di Diritto Economia Fisco e Tecnologia, direttore Dario Deotto

Nel contesto di quello che su Blast Massimo Basilavecchia ha definito il diritto tributario applicato, occorre considerare che anche il tributo può costituire un piccolo tentativo di “salvezza” dell’umano dall’incontrastato e ineludibile dominio della tecnica.

Occorre chiarire che per “tecnica” si intende sia l’universo di “mezzi” (compresi, ovviamente, quelli “tecnologici”) che, nel loro insieme, compongono l’apparato tecnico, sia la razionalità che presiede il loro impiego in termini di efficienza, uniformità e prevedibilità (così da trasformare l’uomo, di fatto, in una sorta di “macchina”).

Originariamente la tecnica è risultata il mezzo per ovviare all’insufficienza biologica dell’umano: senza tecnica, indubitabilmente, l’uomo non sarebbe sopravvissuto (il primo “mezzo” tecnico è stato il fuoco). Tuttavia, oggi lo scenario non appare più quello dell’uomo/soggetto che si avvale della tecnica come “oggetto”, cioè come strumento a sua disposizione. In sostanza, la tecnica non risulta più “mezzo” per realizzare il “fine” dell’uomo, ma risulta essa stessa “fine” per il raggiungimento di qualsiasi scopo (per Nietzsche la tecnica è “volontà di potenza”). Secondo Emanuele Severino, “la tecnica mira non a uno scopo specifico e escludente, bensì all’incremento indefinito della capacità di realizzare scopi, che è insieme incremento indefinito della capacità di soddisfare bisogni”.

Così, si assiste a quel capovolgimento per cui il “soggetto” non è più l’uomo, ma la tecnica che, emancipatasi dalla condizione di mero strumento, dispone dell’umano come una sorta di suo funzionario (Galimberti).

In questo scenario, in passato si è cercato di rilevare che, tralasciando inconsistenti tesi di tassazione delle “macchine” (la prefigurata, da qualche parte, “robot-tax”), proprio la leva fiscale potrebbe (in parte) favorire l’interazione uomo/macchinaevitando così che l’umano venga definitivamente fagocitato dalla tecnica.

 

L’Ires premiale come spiraglio di salvezza dell’umano

L’idea, come più volte si è riportato, è senz’altro quella di continuare a favorire con misure agevolative gli investimenti tecnologici, ma solamente a condizione che non si verifichi, nei vari periodi d’imposta interessati, una contrazione del costo del lavoro (una sorta di “salvezza”, appunto, dell’umano dal dominio della tecnica).

In questo senso – occorre rilevarlo – va la recente misura della c.d. Ires premiale, prevista dalla legge di Bilancio 2025; Ires premiale che, nelle intenzioni della politica, potrebbe assumere una connotazione a regime. La previsione agevola gli investimenti 4.0 e 5.0, in presenza di determinati presupposti (accantonamento di utili 2024 e presenza di utile 2023), all’ulteriore condizione che non si realizzi una contrazione delle unità lavorative (come da chi scrive in più occasioni auspicato). Anzi, – e qui probabilmente la ragione risulta dettata più da finalità di “cassa”, al fine di restringere l’agevolazione, che da particolari motivazioni sottostanti – viene stabilito che occorre ulteriormente effettuare almeno un’assunzione di un lavoratore a tempo indeterminato.

Il fatto è che la misura, oltre la necessità di incrementare il costo del personale, appare appesantita di tutta un’altra serie di “orpelli” che, fino a qui, hanno sostanzialmente ridotto l’appeal dell’agevolazione.

Senza contare il fatto che sono oramai trascorsi quattro mesi dall’entrata in vigore della norma e non è stato ancora emanato il decreto attuativo del Mef che, tra le altre cose, dovrebbe “introdurre disposizioni di coordinamento con altre norme dell’ordinamento tributario” (qui è chiaro il riferimento alla possibilità di cumulabilità con altre forme agevolative).

Peraltro, si osserva, in termini più generali, che sempre più spesso ultimamente le fonti primarie di legge rinviano alla “decretazione attuativa (decreto ministeriale, provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate), determinandosi così lo svuotamento subdolo del principio di legalità.

Come a dire che la tecnocrazia – che è derivazione della tecnica – cerca in tutti i modi di contrastare qualsiasi spiraglio di salvezza dell’umano.

 

Dario Deotto per Blast

Martedì 22 Aprile 2025