La Cassazione, ribadendo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, afferma che la tutela della salute dei lavoratori non si limita alla prevenzione del mobbing ma si estende ai casi di stress da lavoro correlato.
Gli ambienti di lavoro sono talvolta caratterizzati da ritmi molto elevati, picchi di attività e richieste continue del capo e dei superiori, mirate a favorire la maggior produttività. In contesti come questi, però, le energie psicofisiche possono calare, facendo emergere evidenti segnali di stress nei lavoratori e specialmente in coloro che magari sono già alle prese con questioni private o familiari.
Ecco allora che la domanda potrebbe sorgere spontanea: quando il datore di lavoro rischia di pagare i danni per la fatica accumulata dal dipendente? Una recente ordinanza della Cassazione ha fatto luce su questi temi, sullo stress da lavoro correlato e sulle responsabilità dell’azienda.
Scopriamo allora quando il datore deve risarcire il lavoratore subordinato e quali fattori comportano il danno da stress.
La decisione della Suprema Corte sul risarcimento per mobbing: un percorso giudiziario complesso
La vicenda in breve
Il provvedimento della Suprema Corte – l’ordinanza n. 2084 di quest’anno – giunge al termine di un articolato percorso giudiziario, culminato con il ricorso in Cassazione e la decisione di quest’ultima. In origine un lavoratore aveva avanzato una richiesta risarcitoria contro l’azienda presso cui era sotto contratto, mirata espressamente a conseguire una somma di denaro a compensazione