L’autotutela si verifica quando il Fisco annulla un avviso di accertamento per sostituirlo con uno corretto, mentre l’accertamento integrativo comporta l’emissione di un avviso ulteriore, basato su fatti nuovi rispetto a quelli originari.
Questa distinzione ha implicazioni rilevanti per contribuente ed Erario, influenzando anche gli esiti nel contenzioso, sempre in linea con il principio di capacità contributiva.
Nella sostanza viene data ampio potere all’Agenzia delle Entrate di rettificare un accertamento, magari grazie alle contestazioni del contribuente in Corte di Giustizia.
La Corte di Cassazione Sez. Unite prende posizione sulla dualità dei presupposti alla base dell’autotutela sostitutiva e dell’accertamento integrativo.
Autotutela nel diritto tributario: poteri, limiti e natura del riesame amministrativo
Premesso che per la Cassazione l’autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell’Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l’esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi, ne deriva che la possibilità del suo esercizio – anche reiterato – permane inalterata per il principio di perennità dell’azione, salvi solo i limiti derivanti dai termini di decadenza per l’esercizio delle attività di accertamento per i singoli tributi ovvero dall’avvenuto passaggio in giudicato di sentenza favorevole all’Amministrazione finanziaria.
È, inoltre, un procedimento di secondo grado, poiché investe l’atto già adottato in quanto illegittimo, di cui è operato un riesame al fine del suo annullamento, sostituzione, modifica o conferma, per cui l’Amministrazione finanziaria in sede di autotutela ha la medesima posizione che ricopriva rispetto al primo atto: la valutazione, in fatto e diritto, in base alla quale l’atto viene annullato, sostituito o modificato (o convalidato) è, quindi, omogenea (ma con un esito diverso) a quella originaria.
Proprio la natura doverosa dell’imposizione fiscale impone che, in sede di riesame per l’autotutela, siano suscettibili di considerazione, per valutarne la coerenza rispetto all’obbligo di legge, tutti gli elementi formali e strutturali che avevano dato origine all’atto impositivo di primo grado.
Ne deriva che, in termini generali, la rinnovata valutazione di conformità dell’atto impositivo ai requisiti formali e sostanziali necessari per la sua adozione (e conservazione) non incontra alcun limite, salvo che non sia espressamente previsto.
In altri termini l’Amministrazione, quando esercita il potere di autotutela, avvia un procedimento di secondo grado avente ad oggetto il precedente atto impositivo viziato, che viene posto nel nulla.
L’autotutela sostitutiva
La conseguenza è, per la Cassazione, che in sede di autotutela non viene esercitata una nuova azione accertativa, che resta sempre e soltanto quella originaria, ancorata agli elementi di fatto e ai presupposti esistenti al momento del primo atto.
Manca, pertanto, la reiterazione dell’azione accertativa, restando sempre e solo quella originaria e riguardando il riesame solo i vizi che inficiavano il provvedimento emesso e neppure può venirsi a rappresentare la contemporanea esistenza di una duplicità di atti atteso il necessario, preventivo o contestuale, annullamento del primo ove ne venga emesso un secondo in sostituzione.
Di particolare rilevanza appare essere il passo testuale:
“L’esercizio del potere di autotutela presuppone una