Il concordato preventivo non è il modello impositivo pensato in Costituzione

L’intensificazione dei controlli fiscali per chi non aderisce al concordato preventivo biennale solleva molte domande: è davvero giusto penalizzare chi sceglie di non partecipare?
Quali sono i reali vantaggi e i rischi per i contribuenti? Di fatto, molti commentatori stanno evidenziando che il concordato preventivo biennale introdurrebbe un modello impositivo che si discosta significativamente dal principio di capacità contributiva sancito dalla Costituzione.
La tassazione, in questo caso, non sarebbe più legata al reddito effettivamente prodotto dal contribuente, ma verrebbe calcolata indipendentemente dalla reale capacità economica dello stesso.

Il comma 2 dell’art. 34 del D.Lgs 12 febbraio 2024, n. 13 (recante le prescrizioni disciplinari del Concordato Preventivo Biennale) testualmente dispone:

“L’Agenzia delle Entrate e il corpo della Guardia di finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.

Tale previsione di intensificazione dell’azione di verifica viene ribadita e persino marcata nella circolare esplicativa dell’istituto n. 18/E del 17 settembre 2024.

Una domanda nasce istintiva:

“I contribuenti che non intendono aderire prospettano insidiose forme di evasione in pregiudizio ai diritti erariali che portano a ritenere necessario indirizzare le limitate forze accertative ad una tale ritenuta forma di contrasto all’evasione?

Per quale motivo un contribuente che non intende aderire ad una formula di negoziazione con il Fisco, inconciliabile con il parametro di coordinamento costituzionale dell’obbligazione tributaria, unicamente rappresentato dalla personale capacità contributiva, dev’essere per perentorio input legislativo accertato?”

 

Il concordato preventivo è un ricatto?

concordato preventivo costituzioneIn uno Stato di diritto non sono concepibili ricatti, soprattutto quando si tratta di un accordo negoziale del tutto incompatibile con l’indisponibilità dell’obbligazione tributaria e delle prerogative di governo costituzionale che la presidiano.

L’art. 9 del citato D.Lgs testualmente dispone:

La proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle Entrate in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente….sulla base di una metodologia che valorizza anche attraverso processi decisionali completamente automatizzati …..le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione Finanziaria. La predetta metodologia è predisposta per i contribuenti …. con riferimento a specifiche attività economiche e tiene conto degli andamenti economici di mercato, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale….”.

L’art. 12 sempre del D.Lgs n. 13/2024 disciplina gli effetti per i soggetti ISA dell’accettazione della proposta, precisando che il contribuente si impegna a dichiarare il reddito ed il valore della produzione IRAP oggetto di concordato. Ne deriva che i predetti effetti economici sono suscettibili di differenziarsi dalle effettive risultanze del reddito e del valore della produzione determinati secondo i criteri ordinari, in ordine ai quali il contribuente conserva tutti gli obblighi di trasparenza contabile e dichiarativa.

Se le risultanze reddituali effettive risulteranno a posteriori inferiori all’ammontare concordato il contribuente dovrà dichiarare l’importo concordato, mentre se l’effettiva manifestazione reddituale risulterà venirsi a determinare per un ammontare maggiore, l’eccedenza rimarrà immune da tassazione.

L’ammontare concordato, quindi, si sostituisce in ogni caso all’effettiva manifestazione di capacità contributiva del periodo, con l’effetto che chi ha conseguito un’attitudine economica maggiore verrà fiscalmente sgravato dell’eccedenza, mentre chi non riuscirà a conseguire il livello di attitudine economica insito nell’ammontare concordato, dovrà liquidare un’obbligazione tributaria superiore.

All’Estensore di tale dato normativo che raccorda un marcato sforzo accertativo nei confronti dei contribuenti che non intendono aderire, si rende doveroso rappresentare, dal momento che il coordinamento determinativo sarà principalmente rappresentato dagli indicatori ISA, come essi al pari degli studi di settore che li hanno preceduti, abbiano un valore indiziario sprovvisto di una autentica vis dimostrativa.

La statistica mossa da impulsi raccordabili all’intelligenza artificiale non è nella condizione di rappresentare l’autentica verità del fatto.

 

Quale valore hanno gli ISA?

Per la dottrina che ha esaminato la significatività indiziaria di tali indicatori (ISA, studi di settore (R. Succio), il probabilismo statistico non è una teoria della conoscenza, non potendo tradursi il giudizio di fatto in un puro calcolo matematico, non fornendo il modello statistico alcun elemento utile per la conoscenza dei fatti ignoti e non consentendo qualsiasi serie statistica di stabilire l’accadimento o meno di uno specifico fatto. Assumere, quindi, lo strumento come prova giuridica risulta già di per sé essere erroneo.

Si tratta di strumenti per definizione inadatti a consentire un pieno, esaustivo passaggio dall’astratto al concreto, dalla massa al singolo contribuente: altro è tassare in base al reddito, che in condizioni di normalità si potrebbe produrre, altro è tassare il reddito così come esso si è realmente determinato. Le posizioni sono inconciliabili, in quanto “normalità economica” e “capacità contributiva” costituiscono concetti strutturalmente antitetici, se soltanto si considera che:

  • l’idoneità alla contribuzione va misurata sul singolo e non su una massa (cluster)
  • In un sistema incentrato sul principio della riserva di legge è universalmente riconosciuto che il contribuente può regolare i propri affari sulla base di opzioni meno impegnative sul fronte fiscale, nel senso che può agire secondo liberi schemi d’azione ai quali l’obbligazione tributaria deve conformarsi. Non è l’obbligo impositivo a poter condizionare la pianificazione d’impresa. Il difetto di precettività delle norme tributarie obbliga a raccordare l’obbligo impositivo alla sola attitudine economica del contribuente, senza poterla conformare a canoni standardizzati e a medie

In dottrina si sottolinea come…

…“Il contribuente che si dissocia dal canone identificante la normalità è un “deviante”, un “cane sciolto”, uno che “canta fuori dal coro” e che in qualche modo deve essere ricondotto nei binari predefiniti del “ciò che ci si aspetta da lui”.

Il previsto rafforzamento dell’azione di verifica sembra proprio indirizzato a sollecitare il contribuente ai binari predefiniti del “ciò che si aspetta da lui”.

 

Concordato preventivo biennale Vs articolo 53 della costituzione

E se manifestatamente tale è lo scopo della prevista implementazione dell’azione di verifica allora sempre all’Estensore di tale proiezione accertativa va rappresentato come nell’art. 53 della Costituzione trovino sintesi sia il principio della solidarietà che le forme di garanzia individuali del singolo contribuente e che nella previsione che raccorda a “tutti” il dovere di concorrere alle spese pubbliche, ma solo in ragione della loro effettiva capacità contributiva, assunta a presupposto, parametro e limite massimo e nel contempo non riducibile del dovere, risiede e nel contempo si esaurisce l’autentico scopo della verifica fiscale.

Non, quindi, per l’ausilio di una predefinita pianificazione di entrate erariali, ma per il solo ausilio di un obbligo impositivo misurato sulla reale forza economica i cui parametri determinativi non possono che rendersi rinvenibili a consuntivo e non ad anteriori.

Come già in altre circostanze sottolineato, si torna a ribadire come l’obbligazione tributaria non potrà mai semplicisticamente derivare dalla soggezione all’autorità dello Stato o da mere intese negoziali con lo Stato, ma, proprio in quanto procede dalla collaborazione solidale delle persone, ogni persona deve essere in primis rispettata nella sua realtà specifica e quindi coinvolta nel dovere in raccordo con una commisurazione del tributo corrispondente alla sua specifica capacità contributiva, intesa come perentorio limite alla discrezionalità del legislatore.

Sforzare tale connessione equivale operare legislativamente contra Costituzione ad ausilio di un Fisco manipolato rispetto alla sua vera concezione costituzionale.

 

Fonte: D.Lgs 12 febbraio 2024, n. 13.

 

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Luciano Sorgato

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