Il funzionamento dei permessi retribuiti a favore del lavoratore dipendente. Quelli non goduti a fine rapporto possono essere richiesti dal dipendente come retribuzione aggiuntiva?
I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) hanno la facoltà di riconoscere ai dipendenti un determinato numero di ore annue di assenze retribuite, aggiuntive alle ferie, i cosiddetti permessi retribuiti.
A seconda di quanto concordato dalle Parti stipulanti, l’accordo collettivo può essere contemplato un monte ore di permessi in sostituzione delle festività abolite per legge, cosiddetti “permessi ex-festività”.
Cosa sono i permessi retribuiti?
Sempre i CCNL hanno la possibilità di riconoscere altre ore di permesso semplicemente al fine di contenere l’impegno lavorativo dei dipendenti, a beneficio del loro benessere psico-fisico. Si parla, in tal caso, dei permessi per riduzione dell’orario di lavoro, detti anche “permessi ROL”.
Sui permessi, retribuiti, come anticipato, al pari delle ore di lavoro ordinario, la competenza dei contratti collettivi è totale.
Questo significa che gli stessi hanno la possibilità di definire:
- il numero di ore annue spettanti;
- se trattasi di permessi retribuiti o meno;
- le scadenze entro le quali i permessi devono essere fruiti.
Considerato che per molti aspetti i permessi retribuiti sono simili alle ferie, in termini di:
- riconoscimento di un monte ore / giorni annuo, la cui maturazione è legata ai periodi in forza in azienda e / o al verificarsi di determinate assenze che non ne permettono la maturazione;
- copertura economica dei periodi di assenza, nella stessa misura prevista per le ore di lavoro ordinario;
è lecito chiedersi se anche per i permessi vale il divieto di monetizzazione delle ore / giorni in busta paga.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Liquidazione alle scadenze previste dai CCNL
I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) possono fissare determinate scadenze per la fruizione dei permessi.
Nel caso in cui, alla data di scadenza, residuano delle ore di assenza maturate e non godute, la contrattazione collettiva può disporne la monetizzazione in busta paga, eventualmente precisando il cedolino in cui dev’essere disposto il pagamento.
Liquidazione al di fuori del CCNL: necessaria una richiesta scritta del dipendente
Al di fuori dei periodi di monetizzazione imposti dalla contrattazione collettiva, è possibile procedere alla liquidazione in busta paga dell’equivalente economico delle ore di permessi maturati e non goduti esclusivamente previa richiesta scritta del dipendente.
Il documento è da trasmettere al datore di lavoro a mezzo, in alternativa:
- raccomandata a mani;
- raccomandata A / R;
- posta elettronica certificata (PEC);
- e-mail;
- sistemi di messaggistica adottati internamente dall’azienda.
La missiva deve contenere l’esplicita richiesta alla liquidazione dei permessi maturati e non goduti, precisando:
- di quali permessi si chiede la liquidazione;
- in quale busta paga procedere all’erogazione del compenso;
- quante ore devono essere liquidate o, in alternativa, riportando l’indicazione generica delle ore maturate e non godute ad una determinata data.
Il datore di lavoro, ricevuta la domanda, è tenuto ad esprimere parere positivo o negativo. In caso di avallo alla liquidazione delle somme nella risposta al dipendente dovranno essere precisati gli importi spettanti e in quale cedolino gli stessi saranno posti in pagamento.
Come si calcolano le somme per permessi non goduti?
L’importo spettante in busta paga a titolo di monetizzazione dei permessi si ottiene prendendo a riferimento due elementi:
- retribuzione oraria;
- ore di permessi da liquidare.
Il compenso orario si calcola dividendo la retribuzione lorda mensile, formata dagli elementi fissi della retribuzione, per il coefficiente orario convenzionale previsto dal CCNL applicato. Ipotizziamo che quest’ultimo sia pari a 169 e che la retribuzione lorda mensile corrisponda a 1.750,00 euro.
In tal caso la retribuzione oraria ammonta a:
1.750,00 / 169 = 10,36 euro.
Se i permessi da liquidare sono pari a 50 ore, l’importo da indicare in busta paga a titolo di monetizzazione dei permessi è pari a:
10,36 euro * 50 ore = 518,00 euro.
Da notare che la somma in parola è da intendersi a tutti gli effetti:
- imponibile ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del dipendente, da trattenere in busta paga;
- imponibile ai fini del calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali a carico azienda, che quest’ultima è tenuta a versare, a mezzo modello F24, all’Inps insieme alle somme trattenute al dipendente, di cui al punto precedente;
- imponibile per il calcolo delle trattenute fiscali a titolo di Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) e relative addizionali regionali e comunali.
Cessazione del rapporto, cosa accade ai permessi residui?
Le ore di permessi maturati e non goduti non possono più essere sfruttate dal dipendente in caso di cessazione del rapporto. Per questo motivo, nel cedolino di competenza dell’ultimo mese in forza in azienda, in presenza di:
- un saldo positivo, a causa di ore di permessi maturati superiori alle ore di permessi goduti;
- un saldo negativo, per via di permessi goduti superiori a quelli maturati;
le conseguenze in busta paga sono:
- liquidazione di un importo a titolo di permessi non goduti (calcolato come nel paragrafo precedente) in presenza di un saldo positivo;
- trattenuta in busta paga a titolo di permessi goduti in eccesso, in presenza di un saldo negativo.
In questa seconda ipotesi il calcolo della somma da trattenere in cedolino avviene con le stesse modalità di determinazione della somma dovuta per permessi non goduti.
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Paolo Ballanti
Mercoledì 10 luglio 2024