Di recente, le Sezioni Unite della Cassazione hanno precisato la nozione di “travisamento della prova” e individuato il corretto rimedio da seguire per far valere tale vizio. Si tratta di un tema da considerare con attenzione, perché comporta scelte di ordine processuale assai delicate, e che consente di fare il punto su alcune importanti regole.
Le Sezioni Unite di Cassazione sono intervenute su una tematica che può apparire a prima vista di natura esclusivamente teorica, ma che in realtà ha notevoli ricadute pratiche: si tratta della precisazione della nozione di “travisamento della prova” e della conseguente distinzione tra – da un lato – ciò che non è impugnabile, e – dall’altro – ciò che deve essere impugnato con ricorso per cassazione e ciò che deve essere impugnato mediante revocazione (rimedio, quest’ultimo, attivabile dai difensori appartenenti a tutte le categorie previste dall’art. 12 del D.Lgs n. 546/92).
Travisamento della prova: l’orientamento tradizionale
Secondo l’orientamento tradizionale, l’unico travisamento della prova (con tale intendendosi l’illegittimo impiego di un’informazione probatoria inesistente) rilevante, era il travisamento tale da determinare l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione.
In presenza di un errore non di giudizio, bensì di percezione, che si verifica ad esempio qualora il Giudice consideri pacifica una circostanza in realtà contestata, il rimedio appropriato sarebbe stato quello della revocazione ordinaria per errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, codice procedura civile.
La riforma dell’art. 360 codice procedura civile del 2012
A seguito del D.L. n. 83/2012 l’area del vizio di motivazione deducibile in Cassazione si è notevolmente