La Cassazione ha delineato i contorni dell’autotutela in ambito tributario, distinguento tra “controatto”, che annulla o revoca l’atto originario attraverso un provvedimento contrario, e “riforma”, che modifica il contenuto senza negare l’atto precedente. Sottolinea che le modifiche possono ampliare l’accertamento tributario con nuovi elementi o ridurlo senza introdurre pretese nuove, quest’ultime non richiedendo formalità specifiche. Norme recenti hanno introdotto ulteriori specifiche sulla normativa sull’autotutela, differenziando tra modifiche che generano nuove pretese e quelle che semplicemente diminuiscono la pretesa originaria, sottolineando l’importanza della motivazione e della forma solo per le prime.
La Corte di Cassazione ha ribadito[1] che nell’ambito del potere di autotutela amministrativa tributaria, il ritiro di un precedente atto può avvenire in due diverse forme:
– quella del “controatto“ (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo)
oppure
– quella della “riforma“ (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso).
Autotutela ed emissione di nuovo atto: il parere della Cassazione
Osservano gli Ermellini che entrambi sono caratterizzati dal fatto che:
“l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico, ma fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Perciò i principi secondo cui, fino alla scadenza del termine per l’accertamento, questo può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte, disciplinano soltanto l’integrazione o la modificazione in aumento, rispetto all’accertamento originario, e non anche quelle in diminuzione”.
Infatti, soltanto le prime integrano una pretesa tributaria “nuova” rispetto a quella originaria, mentre…
…“le seconde si risolvono in una mera riduzione della pretesa originaria e, quindi, in una revoca parziale del relativo avviso.
Ne deriva che – mentre l’integrazione o la modificazione in aumento dell’accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento – specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario, il quale si aggiunge ovvero si sostituisce a quello originario – l’integrazione solo documentale o la modificazione in diminuzione, non integrando una pretesa tributaria “nuova” , ma soltanto una pretesa “uguale o minore”, non necessita neppure di una forma o di una