Secondo la Corte di Cassazione, le sopravvenienze attive, derivanti da insussistenze di passività precedentemente iscritte in bilancio, devono essere tassate nell’esercizio in cui si raggiunge la certezza giuridica della loro esistenza, non al momento della loro annotazione contabile. Questo principio assicura l’adempimento corretto del principio di competenza e previene la possibilità che i contribuenti manipolino la tempistica della rilevazione contabile per ottenere vantaggi fiscali, garantendo equità e trasparenza nel sistema tributario.
In tema di imposte sui redditi d’impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva.
Non rileva il momento in cui l’eliminazione della posta passiva sia stata contabilmente annotata, perché se così fosse si renderebbe derogabile il principio della imputazione per competenza.
Il caso: mancata rilevazione di sopravvenienza attiva per 3 milioni di euro
La Corte di Cassazione ha chiarito la valenza impositiva nel caso di sopravvenienze attive da insussistenza di passività.
Nel caso di specie, la società contribuente, dopo aver rifiutato l’invito all’adesione, aveva ricevuto notifica di av