La distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti è essenziale al fine dell’applicazione delle sanzioni: i primi, privi di base legale, sono gravemente sanzionati (100%-200%), mentre i secondi, seppur utilizzati erroneamente, subiscono sanzioni minori (30%). La Cassazione, discutendo in merito a crediti per investimenti in aree svantaggiate, ha sottolineato come alcuni crediti, pur esistenti, siano considerati non spettanti, auspicando una riforma normativa che chiarisca queste distinzioni.
In tema di indebite compensazioni, è fondamentale, soprattutto a fini sanzionatori, la differenza tra crediti inesistenti e crediti non spettanti.
Crediti inesistenti vs. Crediti non spettanti
Al riguardo, vale l’articolo 13, che definisce il credito:
- non spettante, se utilizzato in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti (comma 4); è il caso del credito da dichiarazione utilizzato in eccedenza;
- inesistente, se mancante del presupposto costitutivo e la cui inesistenza non emerga a seguito di liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione.
Il credito “inesistente” è sanzionato dal 100% al 200% e può essere contestato in termini più ampi rispetto a quelli ordinari, mentre quello “non spettante” è sanzionato con il 30%, e contestato nei termini ordinari.
La norma, in sostanza, punisce con sanzioni più elevate il credito inesistente, in quanto verosimilmente frutto di azione perlomeno colposa (cosa che non si può configurare mai in caso di credito non spettante, scaturente ad esempio da dichiarazione).
La querelle giurisprudenziale riguarda alcune fattispecie borderline, a causa della vaghezza della terminologia legislativa “mancanza del presupposto costitutivo”.
Il caso: credito scaturente da investimenti nelle aree svantaggiate
Una recentissima ordinanza (Cassazione, n. 3993/2024), torna sul tema della definizione del credito scaturente da investimenti nelle aree svantaggiate.
Su tale argomento, altrettanto recente Cassazione a Sezioni Unite (n. 34419/23) ha affermato che tra gli elementi strutturali idonei ad assumere natura costitutiva del credito, assume particolare rilevanza l’esistenza di un obbligo di facere o di non facere.
L’adempimento di un obbligo di tal genere, infatti, si traduce nel compimento di una attività da parte del contribuente che non necessariamente è suscettibile di rilevazione in sede di controllo formale.
La destinazione del bene alla funzione produttiva sua propria entro due anni da quando lo stesso si è reso disponibile all’impresa in effetti si sottrae ad un riscontro meramente formale.
Con l’ordinanza 3993 invece la stessa fattispecie viene ritenuta appartenente al novero della non spettanza, in quanto comunque esistente.
E’ altrettanto innegabile, infatti, la destinazione del bene è un problema “a valle” rispetto a quello “a monte” della esistenza, che, in questo caso, è innegabile e quindi bypassa il problema che ci occupa.
Una pronunzia assolutamente interessante, almeno fino a quando vi sarà contenzioso su questo aspetto, nell’attesa che la riforma delle sanzioni possa portare ad una modifica normativa che eviti fraintendimenti.
NdR. Approfondisci qui la distinzione tra crediti d’imposta non spettanti e crediti d’imposta inesistenti
Danilo Sciuto
Mercoledì 21 Febbraio 2024