La riforma dello Statuto dei diritti del Contribuente introduce significative novità sulle invalidità tributarie, distinguendo tra nullità e annullabilità degli atti. Mentre la nullità, viziata da difetti gravi, è sempre rilevabile, l’annullabilità riguarda vizi minori e deve essere sollevata tempestivamente.
Il nuovo art. 7-quinquies stabilisce l’inutilizzabilità delle prove acquisite irregolarmente, rivoluzionando il precedente orientamento della Cassazione.
Invalidità tributarie e novità statutarie
Tra le più importanti novità della riforma dello Statuto dei diritti del Contribuente di cui al D.Lgs. n. 219/2023, emanato in attuazione dell’art. 4 della Delega fiscale (L. n. 111/2023), vi è certamente la disciplina delle invalidità tributarie.
Autorevole dottrina[1] aveva tentato, in passato, di enucleare una categoria di nullità “in senso forte” che avrebbe dovuto ricomprendere gli accertamenti non sottoscritti, intestati a soggetti inesistenti o totalmente privi di elementi essenziali (motivazione o parte dispositiva).
Non essendo ammesse azioni dichiarative, tuttavia, il contribuente avrebbe potuto far constatare la nullità solo ricorrendo contro il primo atto successivo.
Nullità e annullabilità nel diritto amministrativo
Tale tesi riprendeva la distinzione amministrativistica tra annullabilità e la nullità. Gli artt. 21-septies e 21-octies nella L. n. 241/90, introdotti dalla L. n. 15/2005, prevedono rispettivamente che:
- è annullabile l’atto viziato da violazione di legge, eccesso di potere (vizio che la Cassazione reputa incompatibile con la materia tributaria, per l’assenza di di