La Cassazione ha confermato la validità degli avvisi di accertamento per indebita detrazione IVA e false compensazioni d’imposta in contesti di interposizione fiscale.
In questi casi, redditi e sanzioni possono essere attribuiti a soggetti terzi, identificati come interponenti e riconosciuti come reali possessori dei redditi, basandosi su prove indiziarie che evidenziano il controllo della società interposta.
Le sanzioni sono applicate direttamente agli interponenti, anziché alla società stessa.
È legittimo l’avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di capitali per indebita detrazione Iva, in relazione ad una condotta fraudolenta relativa a cosiddette false compensazioni d’imposta, e notificato, tra l’altro a persone fisiche, quali soggetti cui imputare direttamente i proventi illeciti ai sensi dell’art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973?
L’individuazione dei soggetti cui imputare direttamente i suddetti proventi illeciti può essere effettuata secondo quanto disposto dal comma 3 dell’art. 37 del DPR 600/1973?
La traslazione del reddito d’impresa dall’interposto (società) all’interponente ai sensi dell’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 è idonea ad assicurare la ripresa a tassazione nei confronti di quest’ultimo per le imposte dovute?
Sussiste il diritto al rimborso dell’interposto, ai sensi dell’art. 37, quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, per quelle imposte che abbia pagato per redditi imputati poi dal fisco all’interponente?
L’interponente è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione del reddito e dei relativi tributi dell’ente collettivo?
La risposta a tali interrogativi è fornita da una recentissima, puntuale ed esaustiva pronuncia del giudice di legittimità.
Interposizione fiscale: il principio di contrasto fiscale
Il meccanismo che, nel nostro ordinamento, mira a riallineare l’attività svolta da un altro soggetto sull’effettivo percettore dei redditi è quello previsto dall’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 che dispone:
«In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».
In tale ipotesi, la prova che incombe sull’Amministrazione finanziaria ha ad oggetto il totale asservimento della società interposta all’interponente, tale, quindi, da dimostrare:
- la relazione di fatto tra l’interponente e la fonte del reddito del soggetto imprenditoriale interposto;
- che il primo sia l’effettivo possessore[1] dei redditi formalmente intestati alla società.
Interposizione fiscale reale o fittizia
Non ha rilievo, invece, la dimostrazione che l’interposizione sia reale[2] o fittizia[3]: l’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, infatti, si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, ed anche ad un uso improprio di un legittimo strumento giuridico.
A fronte di tale prova, che può essere fornita anche solo in via presuntiva, incomberà poi al contribuente fornire la prova contraria dell’assenza di interposizione ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto.
Va sottolineato, infine, che, in caso di interposizione mediante una società, la traslazione riguarda esattamente il reddito d’impresa nel suo complesso prodotto dal contribuente interposto avuto riguardo all