Continuiamo ad analizzare il problema fiscale generato dall’assegnazione dell’azienda all’unico socio della società in fase di scioglimento.
Sono numerose le incongruenze che la norma lascia aperte in caso di circolazione non onerosa dell’azienda: vediamo quali, partendo dal problema delle plusvalenze arrivando ai rischi di doppia imposizione.
Le manifeste incongruenze del Legislatore in caso di scioglimento di società
Alla luce di quanto indagato nella prima parte, pur ritenendo lo scrivente che la deviazione dal principio della personalità dell’obbligazione tributaria sia di esclusiva competenza del legislatore, che lo può derogare a motivo di validi fondamenti giustificativi (come la già rappresentata necessità di agevolare i trasferimenti di azienda per ragioni di rinforzo dell’efficienza delle dinamiche imprenditoriali o anche per la sola continuità ed il mantenimento nel mercato di preesistenti forze produttive, senza l’ostruzione di carichi impositivi non raccordati ad autentiche plusvalenze realizzate), è preciso dovere del legislatore procedere in modo da salvaguardare la piena coerenza sistematica delle proprie scelte. A tale specifico proposito appare utile mandare a confronto le singole vicende relative alla circolazione non onerosa dell’azienda, così inventariabili:
- acquisto a titolo gratuito dell’azienda con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del donatario o dei donatari;
- acquisto mortis causa dell’azienda con prosecuzione dell’attività dell’impresa da parte dell’erede o degli eredi;
- trasformazione de facto in generale di società in impresa individuale, con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’unico socio superstite;
- trasformazione de facto di società in impresa individuale da parte dell’unico erede superstite prima e dopo la decorrenza di 5 anni dalla data di apertura della successione.