Vediamo quali sono le principali differenze fra i principi contabili IAS/IFRS e gli OIC: rispetto al passato le differenze fra i principi contabili internazionali e quelli italiani si stanno progressivamente riducendo. A cura di Alessandro Sura
I bilanci IAS IFRS e il ricorso alla valutazione al fair value
Quando cominciammo ad applicarli la prima volta, sono passati ormai quasi vent’anni, i principi IAS/IFRS sembravano provenire da un’altra dimensione: la valutazione al fair value, senza dubbio, ma anche un livello di dettaglio nel regolare i fenomeni sconosciuto al nostro ordinamento contabile, che fece scoprire regole per fattispecie che in passato non si era mai pensato di disciplinare.
In più, una serie di istituti concepiti per far sì che i bilanci rappresentassero i fenomeni secondo modalità che prescindevano dal nomen iuris dei contratti con i quali le operazioni venivano concretamente poste in essere.
Presa un po’ di dimestichezza con le nuove regole, si cominciò a focalizzare meglio le differenze tra i due ordinamenti contabili.
Il fair value si è rivelato un bluff.
Nei bilanci IAS/IFRS, salvo le banche e gli intermediari vigilati che applicavano il decreto n. 87 del 1992, il ricorso al fair value è, di fatto, diminuito rispetto a prima.
Le immobilizzazioni (con l’eccezione degli investimenti immobiliari, che è però un fenomeno di nicchia che riguarda poche tipologie di imprese) sono rivalutabili secondo i rigidi vincoli del revaluation model, che di fatto impedisce di rivalutare i beni immateriali.
Il magazzino è valutato al minore tra costo e valore di mercato, esattamente come previsto dal codice civile.
Il risultato è che, analizzando la composizione del patrimonio netto delle società, oggi c’è più fair value nei bilanci OIC che nei bilanci IAS/IFRS, specialmente dopo la stagione delle rivalutazioni del 2020 e 2021.
L’impatto delle regole internazionali IAS IFRS sui bilanci OIC
Sul fronte della completezza e del livello di dettaglio delle regole internazionali, effettivamente, l’impatto non è stato trascurabile.
Il pensiero va, in particolare, all’impairment e al cd “component approach”, i quali – ancorché evocati dai vecchi OIC – hanno cominciato ad essere applicati con attenzione soltanto in occasione del passaggio agli IAS/IFRS.
Dove si sono scoperte, invece, differenze davvero significative è stato nel modo in cui il bilancio IAS/IFRS leggeva certi fenomeni, soprattutto quando, ai fini della rappresentazione degli effetti economici e patrimoniali, le regole internazionali chiedevano di effettuare una valutazione del trasferimento dei rischi e benefici legati alla proprietà dei beni.
Era il caso dei ricavi da vendita di beni, dove lo IAS 18 imponeva di verificare l’effettivo trasferimento dei rischi e benefici legati alla proprietà del bene per poter rilevare il ricavo; oppure delle cessioni di crediti e, più in generale, di attività finanziarie, per le quali lo IAS 39 esigeva la stessa verifica per poter cancellare l’attività finanziaria ceduta.
Ma il caso paradigmatico di applicazione di questo criterio è stato rappresentato sicuramente dal leasing finanziario, che lo IAS 17 imponeva di contabilizzare nel bilancio del locatario come l’acquisto di un bene finanziato a debito, nel bilancio del locatore come vendita di un bene con dilazione di pagamento.
Nell’uno e nell’altro caso presupponendo che il contratto di leasing finanziario trasferisca i rischi e i benefici tipici della proprietà del bene dal proprietario all’utilizzatore.
Sono principalmente queste le fattispecie che, almeno all’epoca, hanno concorso a connotare gli IAS/IFRS come qualcosa di diverso rispetto ai nostri principi.
Il graduale avvicinamento tra principi contabili nazionali e internazionali
A distanza di anni, la situazione è molto cambiata.
Se il fair value non faceva e continua a non fare la differenza, tra i due set di principi si è verificato un sostanziale avvicinamento in termini di completezza e di livello di dettaglio della disciplina.
A titolo d’esempio, i principi contabili nazionali sono stati integrati di uno standard sull’Impairment (l’OIC 9) e di uno standard sul rendiconto finanziario (OIC 10).
Di recentissima pubblicazione è l’OIC 34, in tema di ricavi, che colma la lacuna forse più significativa dell’ordinamento contabile nazionale.
Molto è cambiato, forse troppo, anche sul fronte del trattamento delle fattispecie complesse.
Il criterio del trasferimento dei rischi e benefici
Il criterio del trasferimento dei rischi e benefici trova ora larga applicazione nei principi nazionali, informando le regole sulla rilevazione delle attività (rimanenze e immobilizzazioni), che possono essere iscritte soltanto quando la società che predispone il bilancio abbia acquisito i rischi e i benefici legati alla proprietà del bene, sulla rilevazione dei ricavi e sulla cancellazione dei crediti.
Questa evoluzione, apparentemente collegata alla volontà di abbracciare un approccio “sostanzialistico”, ha interessato in modo indistinto tutte le categorie di imprese (micro-imprese incluse) e ha reso più complicata la redazione del bilancio (ciò nel presupposto, tutt’altro che verificato a dirla tutta, che queste disposizioni che richiamano la verifica del trasferimento dei rischi e dei benefici siano applicate in modo ligio).
Ad ogni modo, i principi contabili nazionali si sono avvicinati molto agli IAS/IFRS così come erano qualche anno fa. Chi sperava, però, in un perfetto allineamento tra i due set di regole è rimasto deluso.
Mentre qui, dopo la riforma del codice civile realizzata a seguito del recepimento della direttiva 34/2013, si stigmatizzava la mancata applicazione del metodo finanziario nella contabilizzazione dei leasing finanziari (per i quali l’attuale formulazione del codice civile ha impedito di un’ulteriore estensione della regola dei rischi e benefici), il sistema IAS/IFRS è andato avanti, abbandonando tale criterio non soltanto nel caso paradigmatico del leasing ma anche in altre fattispecie nelle quali ne prevedeva l’adozione (su tutte i ricavi da vendita di beni).
Questi inattesi sviluppi hanno concorso a rimettere un po’ di distanza tra i due sistemi di regole, ma ci ricordano anche che l’evoluzione delle norme contabili, più che da chissà quale principio teoretico, è mossa dai problemi concreti incontrati dagli operatori nella pratica quotidiana.
La regola che impone la verifica del trasferimento dei rischi e dei benefici, che noi avevamo indissolubilmente legato al concetto di rappresentazione sostanziale, è stata via via abbandonata dagli IAS/IFRS perché difficile da applicare in pratica e poco convincente nella capacità di rappresentare gli effetti di certi fenomeni.
L’utilizzatore del bene oggetto di un contratto di leasing finanziario, che nella fictio dello IAS 17 era assimilato al proprietario, in sostanza non ha i diritti sul bene che derivano dalla piena proprietà: non può – se non autorizzato – affittarlo, non può venderlo, non può darlo in garanzia.
Ecco che, anche sulla scorta di queste considerazioni, l’IFRS 16 non impone più di distinguere tra leasing operativi e leasing finanziari (almeno nel bilancio dell’utilizzatore): tutti i contratti di leasing trasferiscono il diritto d’uso di un bene, indipendentemente dal fatto che i rischi economici dell’investimento siano o no stati trasferiti.
In conclusione…restano ancora molte differenze
Si può concludere, quindi, che tra i due sistemi di regole rimangono differenze importanti, nonostante l’evoluzione che ha caratterizzato l’ordinamento contabile nazionale negli ultimi anni.
Anzi, per le imprese di minore dimensione queste differenze con ogni probabilità aumenteranno.
L’Organismo Italiano di Contabilità, infatti, ha varato un progetto di revisione dei principi contabili applicati dalle imprese di cui agli artt. 2435-bis e 2435-ter che avrebbe proprio l’obiettivo di semplificare le regole di formazione del bilancio.
Stante questa volontà, c’è da aspettarsi che molte delle regole che saranno rimesse in discussione siano quelle introdotte negli ultimi anni nel corso del processo di avvicinamento degli OIC agli IAS/IFRS.
Ci sono, tuttavia, alcuni ambiti dove la derivazione dai principi contabili internazionali è molto forte.
Il principale è rappresentato dalle definizioni di strumento finanziario, di attività e, soprattutto, di passività finanziaria, per le quali il codice civile rinvia, a seguito della riforma del 2015, direttamente agli IAS/IFRS omologati.
Sotto il profilo pratico, questo rinvio implica la necessità, per i soggetti che redigono il bilancio con gli OIC, di applicare la disciplina dello IAS 32 ai fini della classificazione nel debito o nel capitale degli strumenti finanziari partecipativi (emessi ormai con una certa frequenza e non soltanto da imprese in difficoltà).
L’Organismo Italiano di Contabilità, in un comunicato stampa, ha precisato come il rinvio del codice non comporti il recepimento tout court del principio internazionale nel nostro ordinamento.
Tuttavia, l’obbligo di applicare le definizioni fondamentali, unito all’assenza di disposizioni specifiche nei principi OIC sul tema, fa sì che buona parte del principio sia di fatto incorporato nel nostro ordinamento.
A cura di Alessandro Sura
Giovedì 14 settembre 2023
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