In generale, la nozione di controllo postula quindi che la maggioranza delle quote o l'influenza dominante esercitabile nell'assemblea ordinaria siano concentrate in capo ad una sola società, non rilevando forme di esercizio "mediato", riconducibili alla detenzione di quote da parte di soggetti terzi.
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di esterovestizione e relative presunzioni legali.
Il caso: contestazione di esterovestizione
Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società quattro avvisi di accertamento, relativi a maggiori Ires e Irap per gli anni 2006 e 2007, nonché all'omessa effettuazione e versamento di ritenute per le medesime annualità, oltre interessi e sanzioni.
Gli avvisi di accertamento avevano costituito l'esito di una verifica dalla quale era emerso che una società estera era, in realtà, un soggetto d'imposta italiano "esterovestito".
Le condotte da cui avevano tratto origine gli atti impositivi erano in particolare addebitabili ad una società di diritto lussemburghese, la quale aveva omesso di presentare le dichiarazioni fiscali obbligatorie per gli anni in questione.
Dal 1° luglio 2008 tale società era cessata a seguito di scissione totale, per effetto della quale si erano costituite altre due società, entrambe con sede in Lussemburg