Con l’approssimarsi dell’entrata in vigore della legge sull’equo compenso per i professionisti, approfittiamo per illustrarne i contenuti, la ratio istitutiva e le criticità operative che già si intravedono.
E’ stata finalmente pubblicata sulla Gazzetta ufficiale (la n. 104 del 05/05/2023) la L. 21 aprile 2023 n. 49, che ha introdotto la norma sul cosiddetto “equo compenso” per i professionisti; essa entrerà dunque in vigore il 20 maggio 2023.
Tale precisazione è importante in quanto la norma prevede che la nuova disciplina non si applica alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della entrata in vigore della legge di riforma.
Cosa si intende per equo compenso a favore dei professionisti?
Approfittiamo dunque per illustrare i contenuti essenziali, non prima di aver evidenziato come questa legge non sia frutto di un intervento, per così dire, “spontaneo”.
Mi riferisco al fatto che la norma è la conseguenza ai rilievi formulati da parte dell’Authority sulla concorrenza per una contrarietà ai principi di libera concorrenza previsti dalla disciplina comunitaria, stabiliti dalla norma precedentemente in vigore (ed abrogata dalla nuova), ossia l’art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148/2017, e l’art. 1, commi 487 e 488, della Legge n. 205/2017.
Tali norme sono state giudicate incompatibili con la disciplina europea laddove collega(vano) l’equità del compenso a parametri tariffari, reintroducendo, di fatto, minimi tariffari soppressi dal DL n. 1/2012, producendo l’effetto di ostacolare la concorrenza tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti cosiddetti “forti” (in primis, la Pubblica Amministrazione).
Da questo è nata la correzione del Legislatore che ha trovato spazio nella citata L. n. 49/23.
Fatta questa fondamentale premessa, passiamo alle linee essenziali della norma: innanzitutto, vediamo l’ambito applicativo.
L’ambito applicativo dell’equo compenso
L’equo compenso si applica alle prestazioni d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.) che hanno per oggetto l’attività in favore di:
- imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie);
- imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a € 10 milioni;
- Pubblica amministrazione (ex D.lgs. 176/2015) e sue partecipate.
Nelle prestazioni d’opera verso i suindicati soggetti (e solo per quelli!), occorrerà che il compenso sia proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti dalla legge.
Su tale ultimo aspetto (la conformità ai parametri), per gli iscritti ad Ordini e Collegi si rinvia ai decreti emanati ex art. 9 DL. n. 1/2012: è il caso del D.M. n. 140/2012, per i compensi di commercialisti e notai, e del DM 46/2013 per i compensi dei consulenti del lavoro.
Ma quali sono le conseguenze nel caso di mancata osservanza dell’equo compenso?
La norma prevede la nullità (ex tunc, rilevabile d’ufficio) delle (sole!) clausole (e quindi non del contratto), nel caso in cui non prevedano un compenso equo e proporzionato, e/o che prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi.
Per le sole professioni ordinistiche è inoltre introdotta la possibilità, per il tribunale, di richiedere al professionista di produrre il parere di congruità del compenso reso dall’ordine o dal collegio professionale.
Il parere di congruità costituisce elemento di prova circa le caratteristiche dell’attività prestata; resta fermo che il tribunale può comunque avvalersi anche della consulenza tecnica, ove indispensabile ai fini del giudizio.
Anche per i professionisti che accettino compensi “non equi”, sono previste sanzioni, di natura disciplinare, con relativo onere dei singoli Ordini di modificare e integrare i rispettivi codici deontologici.
Segnaliamo una novità in tema di prescrizione dei termini per l’azione di responsabilità professionale.
L’articolo 8 individua il dies a quo nel giorno del compimento della prestazione, e non, come giurisprudenza costante ha affermato, dal giorno in cui il danno si è manifestato.
Leggi anche: L’equo compenso per i professionisti: le possibili criticità del regime transitorio
A cura di Danilo Sciuto
Martedì 9 Maggio 2023