Trasferimento di ramo d’azienda: non è una cessione-bis del credito superbonus

La società che ha acquistato dal titolare del diritto alla detrazione il credito d’imposta da Superbonus, in sede di cessione/affitto del ramo d’azienda, non può trasferire il credito residuo insieme agli asset aziendali.
Se ciò fosse consentito si determinerebbe un mutamento della titolarità del credito, incompatibile con il divieto di ”cessione’‘ successiva alla prima.

L’Agenzia delle Entrate risolve un dubbio interpretativo in ordine alla fruizione del credito da superbonus nell’eventualità che, a seguito della cessazione dei disciplinari di affidamento, in relazione ad una serie di possibili scenari di affidamento del servizio ad altri soggetti, la Società, seppur continuando a svolgere l’attività di manutenzione straordinaria e di implementazione degli asset che compongono il ramo d’azienda dedicato all’esercizio del trasporto pubblico, perda quest’ultimo in virtù di una cessione o di un affitto d’azienda.

 

Cessione di credito da Superbonus in caso di trasferimento d’azienda: il caso 

trasferimento ramo azienda credito superbonusUna società chiede, all’Agenzia delle Entrate, come debba essere interpretato l’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto Rilancio, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 20202, n. 77, in relazione al caso di cessione o affitto di azienda di seguito rappresentato.

La Società costituisce lo strumento del sistema della pubblica amministrazione per la gestione, manutenzione ed implementazione del patrimonio indisponibile funzionale ai servizi di trasporto pubblico e svolge tali attività in funzione dell’affidamento in house da parte di una Provincia.

Con ognuno degli Enti affidanti è stato sottoscritto un disciplinare di affidamento le cui scadenze sono tutte allineate al 30 giugno 2024.

La società che è totalmente partecipata dalla Provincia, ha avviato un piano di riqualificazione sismica ed energetica del patrimonio immobiliare.

La capienza fiscale della citata società non è tuttavia sufficiente per poter godere direttamente della detrazione fiscale e, perciò, ha proposto alla società la cessione di una parte di tale credito.

È intenzione della società istante procedere con l’acquisto del credito, tuttavia vi è il dubbio su quale possa essere la sorte di tale credito qualora, alla scadenza dei sopra richiamati disciplinari di affidamento, questi non venissero più rinnovati.

Al riguardo, la società istante in relazione agli scenari che potrebbero prefigurarsi alla scadenza dei disciplinari e secondo quanto previsto con la legge (la quale prevede, in sintesi, che i servizi pubblici possono essere gestiti in economia oppure mediante una delle forme di affidamento tipizzate), tenuto conto delle diverse modalità di fruizione del beneficio previste dalle diverse disposizioni che si sono succedute, chiede di chiarire se, nell’ipotesi in cui dovesse perdere il ramo d’azienda preposto all’esercizio del trasporto pubblico locale, in quanto (a seconda del concreto scenario), ceduto o affittato al nuovo affidatario, il credito del superbonus 110% possa transitare al “nuovo” soggetto economico cessionario o locatario.

 

Le ultime novità in materia di Superbonus

Prima di analizzare la risposta dell’Agenzia delle Entrate si ritiene opportuno evidenziare, in attesa di probabili modifiche in sede di conversione in legge, del decreto legge n. 11 del 16 febbraio 2023.

Con le modifiche introdotte con effetto dal 17 febbraio 2023, data di entrata in vigore del decreto legge 11 del 16 febbraio 2023, all’esplicito fine di coordinamento della finanza pubblica, è fatto divieto per le pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196) di essere cessionari dei crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e dello sconto in fattura.

L’articolo 2, del citato decreto legge 11/2023, stabilisce, a partire dal 17 febbraio 2023, il divieto di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante per alcuni interventi di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e superbonus, misure antisismiche, manutenzione facciate, installazione di impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e abbattimento delle barriere architettoniche.

La norma, tuttavia, riconosce una serie di condizioni in presenza delle quali, ad alcuni interventi già in corso, non si applica la nuova disciplina.

Vengono abrogate, altresì, le norme che già consentivano, nella disciplina previgente all’introduzione dell’articolo 121 del decreto Rilancio, la cessione del credito per taluni interventi di riqualificazione energetica, ristrutturazione importante di primo livello, nonché di edilizia antisismica.

Nello specifico la disposizione, comma 1, prevede che a decorrere dal 17 febbraio 2023 in relazione agli interventi previsti all’articolo 121, comma 2, del decreto Rilancio, non è consentito l’esercizio delle opzioni di cui al medesimo articolo, comma 1, lettere a) e b).

A tale proposito, si ricorda che l’articolo 121 (alle citate lettere a) e b)) stabilisce che i soggetti che sostengono le spese per alcuni specifici interventi edilizi, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati (il fornitore recupera il contributo anticipato sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari);
     
  • per la cessione di un credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante.

 

Gli interventi edilizi che possono avvalersi di tale procedura, nel dettaglio, sono i seguenti:

a) recupero del patrimonio edilizio (di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del TUIR : manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia sulle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari

b) efficienza energetica (di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 119 del decreto legge 34 del 2020)

c) adozione di misure antisismiche (di cui all’articolo 16, commi da 1- bis e 1-ter a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, e di cui al comma 4 del richiamato articolo 119)

d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate) ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219, della legge di Bilancio 2020 (27 dicembre 2019, n. 160), compresi i lavori di rifacimento della facciata, che non siano di sola pulitura o tinteggiatura esterna, e che riguardino interventi influenti dal punto di vista termico o interessino oltre il 10 per cento dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio

e) installazione di impianti fotovoltaici, di cui al già richiamato articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del TUIR e di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 119 del decreto legge 34 del 2020)

f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (di cui all’articolo 16-ter del richiamato decreto-legge n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 sempre dell’articolo 119). f-bis) superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter del decreto legge 34 del 2020)

 

 

Le modifiche intervenute con il decreto legge 16/2023, si sono rese necessarie per contrastare le potenzialità negative che la diffusione dell’istituto della cessione del credito ha sull’incremento del debito pubblico.

Il comma 2, dell’articolo 2, del decreto legge 11/2023, prevede delle deroghe al divieto introdotto al comma 1.

Esso stabilisce che il divieto non si applica alle opzioni relative alle spese sostenute per gli interventi rientranti nella disciplina del superbonus (articolo 119 del citato decreto Rilancio) che in data antecedente al 17 febbraio 2023 rispettino determinate condizioni.

In particolare, le norme introdotte, al comma 1, non si applicano:

  • per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomini qualora risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
     
  • per gli interventi effettuati dai condomini qualora risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA;
     
  • e per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici qualora risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Il comma 3, dell’articolo 2, del decreto legge 11/2023, introduce ulteriori deroghe ma per interventi non rientranti nel superbonus.

 

trasferimento ramo azienda credito superbonus

 

Il comma 4, del citato articolo 11, abroga anche una serie di norme che, nella disciplina previgente all’articolo 121, già riconoscevano la possibilità di cessione del credito per interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, nonché di ristrutturazione edilizia antisismica.

Nello specifico sono abrogate le disposizioni di cui all’articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1, e all’articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del decreto legge n. 63 del 2013.

Tali norme prevedevano che i soggetti beneficiari delle detrazioni potessero optare, in luogo della detrazione, per la cessione del corrispondente credito alle imprese che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito, esclusa comunque la cessione a istituti di credito e intermediari finanziari.

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

Con specifico riferimento al caso in oggetto del presente commento, osserva l’Agenzia delle Entrate che la società istante ha prospettato un dubbio interpretativo in ordine alla fruizione del credito che intende acquisire dalla società (società che ha realizzato gli interventi) nell’eventualità che, a seguito della cessazione dei disciplinari di affidamento, in relazione ad una serie di possibili scenari di affidamento del servizio ad altri soggetti, la Società, seppur continuando a svolgere l’attività di manutenzione straordinaria e di implementazione degli asset che compongono il ramo d’azienda dedicato all’esercizio del trasporto pubblico, perda quest’ultimo in virtù di una cessione o di un affitto d’azienda.

Al riguardo, il dubbio interpretativo prospettato verte, in particolare, sulla possibilità che il credito in esame si trasferisca al cessionario/affittuario per effetto della cessione o dell’affitto del ramo d’azienda in proporzione al valore della produzione che verrebbe ceduto.

Innanzitutto, osserva l’Agenzia delle Entrate, preme rilevare che il citato articolo 121 del decreto Rilancio, contiene una disciplina compiuta in ordine alla cessione dei crediti derivanti dall’effettuazione dei lavori specificamente previsti dalla stessa norma.

Con tale previsione, quindi, il legislatore ha inteso dettare una disciplina ad hoc che opera in deroga a quella di carattere generale prevista per la cessione dei crediti d’imposta (in relazione alla quale è espressamente previsto che il cessionario non possa cedere il credito oggetto della cessione) e della cessione delle eccedenze nell’ambito del gruppo di cui agli articoli 43-bis e 43-ter, del DPR 29 settembre 1973, n. 602.

In relazione alla disciplina della circolazione dei suddetti bonus edilizi occorre, quindi, valorizzare la scelta del legislatore di non operare un rinvio tout court alle suddette regole generali, ma di dettare una disciplina caratterizzata dalla tassatività delle regole di circolazione.

Pertanto, alla luce delle previsioni dell’articolo 121 che, come anticipato, non consente nel caso in esame un’ulteriore cessione del credito da parte del soggetto che lo abbia acquistato dal titolare del diritto alla detrazione (a soggetti diversi da quelli espressamente menzionati nella disposizione), l’istante, resasi acquirente del bonus edilizio in argomento, non potrà trasferire, in sede di cessione/affitto del ramo d’azienda, il credito residuo contestualmente agli asset che compongono quest’ultima in quanto, per effetto della cessione o dell’affitto del ramo d’azienda, si determinerebbe un mutamento della titolarità del credito, incompatibile con il divieto di ”cessione” successiva alla prima, previsto dal citato articolo 121.

Resta fermo quanto chiarito con risposta n. 218, del 2023, dell’Agenzia delle Entrate, in relazione alle diverse ipotesi di fusione.

Sul punto le Entrate ricordano che, con la risoluzione n. 118/E, del 29 aprile 2009, laddove (con riferimento al credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate) è stato ribadito quanto già sostenuto nella risoluzione n. 22/E, del 6 febbraio 2006, e cioè che la possibilità di trasferire il diritto a fruire del credito d’imposta in questione è consentita unicamente con riguardo ad operazioni che, in base a specifiche disposizioni giuridiche, prevedono una confusione di diritti e obblighi dei soggetti giuridici interessati (ad esempio, in caso di operazioni di fusione, scissione e trasformazione di società).

I principi valgono anche con riferimento ai crediti derivanti da ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico.

Il passaggio dei crediti dalla incorporata alla incorporante non costituisce, infatti, una nuova cessione dei crediti, subentrando l’incorporante a titolo universale in tutti i diritti della incorporata.

 

Fonte: Agenzia Entrate, Risposta a interpello n. 234, del 1° marzo 2023.

 

NdR: potrebbe interessarti anche…

Stop a cessione del credito e sconto in fattura: alcune riflessioni

Superbonus e cessione del credito: controlli sempre più complessi

 

A cura di Federico Gavioli

Martedì 14 marzo 2023