Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 D.Lgs. 546/1992, introdotto dalla legge di riforma del processo tributario, stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in tema di operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti?
In caso di contestazione per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti è cambiato l’onere probatorio?
Il divieto di domande nuove rispetto alla contestazione originaria, trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice d’appello, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo?
È illegittima l’integrazione in appello dei motivi dell’avviso di accertamento attraverso nuove eccezioni e, pertanto, la regola del divieto di ius novorum in appello prevista per il processo tributario, va rispettata anche dall’Amministrazione Finanziaria, atteso che l’avviso di accertamento deve sempre contenere tutte le ragioni della pretesa?
Operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti: principio
Nel processo tributario d’appello l’Amministrazione finanziaria non può mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento, in quanto il divieto di domande nuove previsto all’art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice del gravame, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo e, dunque, sul piano della causa petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell’atto stesso risulta esposto.
La contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti[1] è fattispecie ben diversa sul piano sostanziale e probatorio dalla contestazione di operazioni oggettivamente inesistente.[2]
Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione.
Il caso di Cassazione
Il fisco, con avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007, ha contestato ad una S.r.l. la detrazione dell’Iva relativa a fatture emesse da una società ritenuta una società cartiera, e pertanto per operazioni considerate soggettivamente inesistenti.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso della società annullando l’atto.
Con l’appello il fisco ha censurato la pronuncia del giudice di prima istanza evidenziando si trattava di fatture oggettivamente fittizie.
Il giudice regionale, dopo aver rigettato l’eccezione di inammissibilità del gravame, perché fondato su fatti nuovi e comunque su temi d’indagine del tutto nuovi, ha riconosciute fondate i motivi di gravame del fisco.
La società ha proposto ricorso in cassazione denunciando la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli art. 57 e 53, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere l’ufficio introdotto questioni nuove e comunque per non aver formulato motivi specifici avverso la sentenza impugnata.
Il parere della Corte
Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto la doglianza del contribuente, per avere l’ufficio introdotto questioni nuove, sulla base delle seguenti argomentazioni.
La fattispecie riferibile alle operazioni soggettivamente inesistenti è ben diversa, sul piano sostanziale e probatorio, dalle operazioni oggettivamente inesistenti: a parte la diversa ricostruzione materiale del fenomeno fiscale perseguito (nell’uno l’esistenza dell’operazione economica in un contesto soggettivo diverso da quello apparente, nell’altro la materiale inesistenza dell’operazione) mutano radicalmente le esigenze probatorie in rapporto ai fatti e all’elemento psichico da dimostrare.
In tema IVA, ad esempio, q