Provata la buona fede del contribuente nel rapporto tributario e avviso di accertamento IMU

Partendo da un caso relativo all’esenzione IMU spettante ai membri delle Forze Armate e di Polizia, ricordiamo che è fondamentale che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria siano sempre improntati ai principi di buona fede e leale collaborazione come previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente

esenzione imuIn ambito tributario è fondamentale che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria siano sempre improntati ai principi di buona fede e leale collaborazione di cui all’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, Legge 212/2000.

È quanto stabilito dalla Commissione Tributaria Regionale di Puglia – Sezione Staccata di Lecce – con la sentenza in commento, in applicazione della quale è stato ribadito il principio secondo cui in ambito tributario bisogna sempre tenere in considerazione il comportamento del contribuente ed i principi di buona fede e leale collaborazione che devono essere sempre presenti nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, oltre che quelli di giustizia sostanziale ed equità tributaria.

Il caso

La questione che in questo intervento intendiamo esaminare trae origine dalla sentenza n. 1648/2022 della Commissione Tributaria Regionale di Puglia – Sezione Staccata di Lecce –, pronunciata in data 09/05/2022 e depositata in data 13/06/2022, (Presidente: Dima Lucio – Relatore: Perone Ernesto) che, in accoglimento delle nostre tesi difensive, ha riformato la sentenza di primo grado e dichiarato illegittimo un avviso di accertamento Imu – notificato dal Comune di Lecce ad un contribuente appartenente alle Forze armate – per palese violazione del sano e basilare principio di buona fede e leale collaborazione che deve sempre improntare i rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente, così come previsto dallo Statuto dei diritti del Contribuente e ribadito anche dalla più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

Nel caso di specie, la controversia origina dal disposto di cui all’art. 2 del Decreto Legge n.102 del 31/08/2013, convertito con modificazioni nella Legge n.124 del 28/10/2013, che esenta dalla applicazione dell’imposta municipale propria (Imu) ogni contribuente appartenente alle Forze armate anche in assenza di una dimora abituale e residenza anagrafica.

Tuttavia, per poter beneficiare della suddetta agevolazione è necessario presentare un’apposita comunicazione di variazione che deve essere richiesta dall’interessato al Comune con specifica dichiarazione, che però, nel caso di specie, era stata presentata in ritardo dal contribuente ma comunque ben prima della notifica dell’avviso di accertamento impugnato.

La mancata dichiarazione di variazione

In altri termini, nel caso di specie, il contribuente pur trovandosi nelle condizioni oggettive e soggettive per usufruire del trattamento agevolativo Imu, aveva omesso di ottemperare ad un adempimento meramente formale, consistente nella comunicazione della “dichiarazione di variazione” di cui all’art. 2, comma 5 – bis, del D.L. n. 102/2013, con la conseguenza che il Comune di Lecce non gli ha mai riconosciuto la ritardata presentazione della dichiarazione di variazione e dunque la perdita del beneficio fiscale.

Ebbene, il contribuente con il ricorso introduttivo in primo grado e, successivamente, con l’atto di appello in secondo grado, ha sempre posto in evidenza il fatto di aver agito in buona fede con il Comune di Lecce, nonché il fatto di essersi sempre comportato con onestà e correttezza al fine dimostrare la particolare condizione agevolativa che gli spettava per legge, anche se, come è noto, il pubblico impiego di un ufficiale in servizio delle forze armate rappresenta un fatto documentalmente noto ad ogni Comune attraverso l’uso dei propri strumenti informatici e telematici.

Avverso la sentenza di primo grado il contribuente ha proposto tempestivo appello alla competente Commissione Tributaria Regionale che con la sentenza in commento n. 1648/2022 non ha ritenuto condivisibili le argomentazioni dei primi giudici e, di contro, ha accolto l’appello del contribuente dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento lmu del Comune di Lecce per palese violazione dei principi di buona fede e leale collaborazione.

In particolare, nell’accogliere le doglianze del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale, si legge nella sentenza, ha ritenuto che nel rapporto tributario deve essere fatta una valutazione complessiva di tutti i fatti e circostanze, tenendosi in debito conto il comportamento del contribuente ed i principi di buona fede e leale collaborazione che devono essere sempre presenti nel rapporto con la pubblica amministrazione, oltre che quelli di giustizia sostanziale ed equità tributaria, poiché, anche se in ritardo, l’adempimento formale della variazione è stato comunque adempiuto nel 2019, prima della emissione dell’avviso di accertamento.

Di conseguenza, il Comune ha avuto comunque gli strumenti e il tempo per verificare la sussistenza o meno delle condizioni di legge per la spettanza della agevolazione, che in effetti non contesta mai, limitandosi a disconoscerla per il solo aspetto formale.

Pertanto, i giudici di secondo grado hanno accolto l’appello del contribuente e dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento IMU del Comune di Lecce.

Sul punto, occorre evidenziare che in tema di esenzione Imu si deve dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale espresso dalla Suprema Corte di Cassazione a mente del quale, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (art. 10, comma 1, Legge 2012 del 2000), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (art. 6, comma 4, Legge 2012 del 2000), nessun altro onere grava sul contribuente nella fattispecie in cui sussistono tutti i presupposti per usufruire del trattamento agevolativo.

Per di più, il contribuente ha sempre diritto a beneficiare dell’esenzione del tributo locale anche in mancanza di apposita documentazione attestante l’agevolazione dovuta, sempre che lo stato di fatto è comunque conosciuto dall’Ente impositore

Quanto sin qui rilevato trova conferma anche nei recenti arresti giurisprudenziali, della Corte Suprema di Cassazione n. 12372/2021 e n. 1263/2021 secondo cui “è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4).”.

Brevi riflessioni sulla buona fede del contribuente nel rapporto col Fisco

La tematica in esame è da ritenersi di grande attualità posto che oggi si avverte sempre di più l’esigenza di migliorare i rapporti che intercorrono tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria attraverso un più elevato grado di collaborazione e buona fede, confidando nel fatto che l’Amministrazione finanziaria si deve sempre comportare con correttezza e coerenza, in piena rispondenza ad uno dei principi più importanti del nostro ordinamento giuridico tributario quale il principio di cui all’articolo 10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, Legge 212/2022, secondo cui “i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.”

Lo Statuto dei diritti del contribuente ha quindi qualificato la buona fede come un principio generale al quale l’Amministrazione ed il contribuente devono ispirarsi nell’attuazione del rapporto tributario mediante un costante rapporto di collaborazione.

In conclusione, alla luce delle suddette considerazioni e tenuto conto della condivisibile sentenza n. 1648/2022 della C.T.R. di Lecce, con la quale i giudici di merito hanno voluto dare continuità ad un principio già espresso e consolidato dalla Corte di Cassazione nonché dalla Corte di Giustizia Europea, possiamo ritenere che la presenza nel nostro ordinamento giuridico del principio della leale collaborazione e buona fede di cui all’art. 10 della Legge n. 212 del 2000 rappresenta una chiara espressione delle norme costituzionali a tutela dei diritti dei cittadini-contribuenti nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni.

A cura di Maurizio Villani e Alessandro Villani

Sabato 2 Luglio 2022