L’atto unilaterale di rinuncia al credito deve essere giustificato da una effettiva irrecuperabilità.
In caso contrario il negozio giuridico rientrerebbe tra gli atti di liberalità e, come tale, sarebbe indeducibile dal reddito ai fini fiscali.
La società creditrice deve sempre attivare le azioni legali propedeutiche alla riscossione del credito.
La prova del mancato soddisfacimento del credito incide altresì sulla corretta determinazione dell’annualità di competenza della perdita.
Rinuncia unilaterale al credito: riferimenti civilistici
In ambito civilistico, la rinuncia unilaterale del credito è disciplinata dal disposto dell’articolo 1236 codice civile secondo cui:
“la dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne approfittare”.
La remissione rappresenta dunque un negozio unilaterale recettizio che produce i propri effetti quando la dichiarazione del creditore è comunicata al debitore.
Sul piano causale, essa può essere dovuta da diverse ragioni, come per esempio, quella di aver ottenuto altrove la prestazione o di voler compiere un atto di liberalità.
E’ ritenuto congruo il termine che rispetta il canone di buona fede, e l’eventuale scelta del debitore di non avvalersi della remissione può dipendere da vari motivi, anche non attinenti alla sfera giuridica.
Per la dichiarazione del creditore non è prevista una forma particolare.
Aspetti fiscali: la deduzione delle perdite
La normativa tributaria all’art. 101, comma quinto, del Testo Unico delle Imposte Dirette, approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917, si occupa di definire il perimetro di deducibilità delle perdite maturate su crediti che l’imprenditore vanta nei confronti della propria clientela.
La norma condiziona la deduzione fiscale della perdita non solo alla sua definitività, vale a dire quando è oggettivamente esclusa l’eventualità che in futuro si riesca a riscuotere il credito, ma anche alla sussistenza di elementi certi e precisi idonei a dimostrare che il creditore si sia attivato, inutilmente, in un comportamento volto alla riscossione del suo credito.
La certezza che si è verificata una perdita fiscalmente rilevante può darsi con ogni mezzo di prova (Cassazione civile, sezione V Sentenza n. 4567 del 15 febbraio 2019) come per esempio [1]:
- assenza di beni materiali aggredibili di proprietà del debitore documentata da un verbale di pignoramento negativo o da lettere di legali incaricati della riscossione del credito o da relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti che attestino l’infruttuosità della procedura esecutiva;
- denuncia del debitore per truffa;
- decreto di accertamento di irreperibilità o latitanzadel debitore;
- revoca al debitore degli affidamenti e dei finanziamenti da parte delle banche (Cassazione 18 luglio 2012 n. 1234