La registrazione del contratto di locazione non è prova dell’entità del canone

La registrazione del contratto di locazione e delle modifiche successive è atto necessario per provare il canone incassato? Oppure esistono altri mezzi di prova?

registrazione contratto locazioneIl contratto di locazione di un immobile va sempre registrato, tranne rare eccezioni (come, ad esempio, nel caso di contratti che non superano i 30 giorni complessivi nell’anno).

 

La mancata registrazione del contratto

A prescindere da qualsiasi considerazione fiscale, la mancata registrazione del contratto di locazione ha, come effetto primario, la nullità dello stesso in ossequio a quanto disposto dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346.

 

Il canone di locazione va indicato in contratto

Nel contratto occorre indicare, tra le altre cose, l’importo dell’affitto concordato, che può essere oggetto di successiva riduzione, e non solo per un accordo tra le parti.

In certi casi, infatti, la riduzione dell’affitto è un diritto dell’inquilino.

In particolare, l’art. 1578 del codice civile prevede che il conduttore abbia diritto ad una congrua riduzione del canone se emergono dei difetti della cosa locata che ne diminuiscono l’utilizzabilità.

Sia nel caso di riduzione concordata, sia nel caso di riduzione spettante in base alla legge, ci si è chiesto se tale circostanza debba essere registrata obbligatoriamente.

Sotto l’aspetto fiscale, la mancata registrazione di tale operazione potrebbe causare problemi fiscali in capo al locatore, in quanto l’Agenzia non verrebbe messa a conoscenza di tale riduzione.

 

E se non si registra la riduzione del canone?

Al riguardo, una recente ordinanza della Suprema Corte (la n. 7644 del 9/3/2022) ha affermato che la riduzione del canone di locazione non deve essere obbligatoriamente registrata, purché sia stata fatta una semplice scrittura privata.

La registrazione del patto modificativo non costituisce, infatti, un obbligo fiscale posto a carico del contribuente, operando solo sul piano probatorio.

Non c’è dubbio, infatti che essa agevola al proprietario la prova della intervenuta riduzione del canone (ai fini della dimostrazione del minor reddito conseguito e quindi della minore imposta dovuta), ma la prova può essere rappresentata da altri elementi.

E’ infondata, dunque, la tesi di chi ritiene che il patto di riduzione del canone non è opponibile all’Erario in quanto non registrato e non avente data certa.

D’altronde, la stessa Agenzia delle entrate, con la Risoluzione n. 60/E del 28 giugno 2010, con specifico riferimento ai contratti di locazione immobiliare, ha osservato che il DPR 131/86 (che disciplina l’imposta di registro), agli articoli 3 e 17 individua in maniera esplicita gli eventi successivi alla conclusione del contratto di locazione che devono essere autonomamente assoggettati a registrazione.

Si tratta, in particolare, delle cessioni, risoluzioni e proroghe dell’originario contratto che devono essere, pertanto, registrate in termine fisso anche se stipulate verbalmente o attraverso una nuova scrittura privata non autenticata.

L’accordo di riduzione del canone inizialmente pattuito, non appare riconducibile alle ipotesi, contemplate nei predetti articoli 3 e 17 del T.U.R., di cessione, risoluzione e proroga, anche tacita, del contratto.

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Quali sono, quindi, gli altri elementi di prova sui quali basare l’affermazione della riduzione del canone?

I Giudici hanno riconosciuto valido, a tali fini, la documentazione bancaria dalla quale si evinceva il versamento, da parte della locataria e in favore della contribuente, di una somma corrispondente al canone ridotto, sicché è corretto ritenere che il reddito soggetto a tassazione dovesse corrispondere a tale minore importo.

Anche in caso di riduzione del canone, è importante dunque che i pagamenti avvengano in misura tracciata.

 

Fonte: Corte di Cassazione, Ordinanza n. 7644 del 09/03/2022.

 

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A cura di Danilo Sciuto

Venerdì 1 Aprile 2022