Ancora sulla (in)compatibilità tra la qualità di lavoratore subordinato e amministratore di società

di Ciro Abbondante

Pubblicato il 8 marzo 2022

I professionisti che operano nel settore delle risorse umane e della consulenza del lavoro si trovano spesso a dover rispondere ai propri assistiti in merito alla possibilità o meno di assumere, come lavoratore subordinato, un socio o un amministratore della medesima società.
Con il presente contributo cerchiamo di fare ordine rifacendoci ad alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione, che rappresentano pur sempre un faro in un percorso giuridico spesso caratterizzato da “coni d’ombra” piuttosto insidiosi: l’insidia infatti non si limiterebbe alle conseguenze nefaste di un eventuale disconoscimento del rapporto di lavoro subordinato ma anche alla conseguente indeducibilità, dal reddito d’impresa, del costo del lavoro.

Natura giuridica del rapporto tra amministratore e società

compatibilità lavoratore subordinato amministratore societàPreliminarmente è opportuno rilevare che, sulla natura giuridica del rapporto che intercorre tra l’amministratore e la società, si confrontano due teorie:

  • quella c.d. contrattualistica, secondo la quale tra l’amministratore e la società si instaura un rapporto di lavoro parasubordinato, ritenendo che la prestazione dell’amministratore sia caratterizzata da continuità, coordinamento e natura prevalentemente personale. Tale orientamento considera l’immedesimazione organica tra amministratore e società rilevante solo nei rapporti con i terzi, ma non anche nei rapporti interni, dove invece sussiste una relazione obbligatoria tra soggetti distinti tra loro[1];
     
  • quella c.d. organica, che, invece, esclude che possa esistere un rapporto di tipo contrattuale. Secondo questa teoria è impossibile distinguere l’amministratore dalla società, in quanto l’amministratore non fornisce soltanto una prestazione lavorativa alla società, ma è l’organo esecutivo della società e, quindi, non può essere considerato come un soggetto terzo rispetto alla stessa società[2].

 

Le Sezioni Unite della Suprema Corte[3] hanno accolto la tesi dell’immedesimazione organica, rilevando che all’amministratore spetta la gestione dell’impresa, che ha carattere generale e sussiste per tutti gli atti d’impresa che non siano riservati all’assemblea.

Tuttavia, quanto sopra evidenziato riguarda esclusivamente l’amministratore societario nelle sue funzioni di gestione e rappresentanza dell’ente e, quindi, come soggetto che si immedesima nella società e agisce nei rapporti con i terzi.

Da ciò ne consegue la possibilità che tra la società e la persona dell’amministratore sorga un autonomo e diverso rapporto che abbia le caratteristiche di un rapporto di lavoro subordinato.