In caso di verifica fiscale è fondamentale che i finanziamenti soci siano stati accesi solo dopo apposita delibera della società.
In assenza di opportuna documentazione contrattuale e di situazione patrimoniale dei soci non credibile, il Fisco può procedere ad accertamento analitico – induttivo.
Se la Corte di Cassazione con ordinanza del 17 gennaio 2022 ha affermato che i finanziamenti non giustificati sono ricavi neri, rimessi in circolo[1], riconoscendo la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo operato, ai sensi dell’art.39, comma 1, lett. ), del DPR n. 600/73[2], con ordinanza del 15 dicembre 2021 aveva invece legittimato l’accertamento – questa volta induttivo, ex art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 – sempre in presenza di sistematici ed ingenti finanziamenti infruttiferi dei soci.
Finanziamenti soci senza delibera: il caso all’attenzione dei giudici
La Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che, previa riunione, avevano accolto i ricorsi proposti dalla società avverso gli avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio, in forza di un p.v.c. della G.d.F., aveva contestato, ai sensi degli artt. 39, comma 2, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 e 55 del d.P.R. n. 633/72, per gli anni 2003-2005, maggiori ricavi “in nero”, ai fini Irpeg, Irap e Iva, avuto riguardo a sistematici ingenti finanziamenti infruttiferi in favore della società da parte dei soci non corrispondenti alla loro situazione reddituale nonché a copiosa documentazione extracontabile in cui erano risultate operazioni non rinvenute nella contabilità ufficiale.
La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che:
“1) non sussistevano i presupposti per l’accertamento induttivo extracontabile, essendo il metodo adottato dall’Ufficio basato su elementi privi di certezza, precisione e concordanza;
2) in particolare, non risultava provata dall’Ufficio la derivazione della somma investita nella società da ricavi “in nero” né validamente confutato dall’Amministrazione che le disponibilità finanziarie dei soci derivassero dal patrimonio personale dei medesimi e da prestiti familiari; al riguardo, la presunzione di possesso da parte dei soci delle disponibilità finanziarie per effetto dello svolgimento di molteplici attività commerciali pluriennali assumeva valore probatorio almeno uguale alla presunzione di provenienza di tali disponibilità da indimostrati ricavi “in nero”;
3) nella documentazione extracontabile era indicato un piano di rientro su forniture relative a periodi diversi (2005- 2006 che, stante anche il protesto degli assegni, non aveva avuto effetto; era da ritenersi giustificata anche l’esistenza di fatture di vendita con numeri progressivi in distonia con l’apparato contabile trattandosi di u