La Corte di Cassazione, nel corso di questi anni, ha più volte confermato la posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria, che ha applicato le presunzioni stabilite per le indagini finanziarie anche ai conti formalmente intestati a terzi ma di cui il contribuente verificato ha comunque la effettiva disponibilità.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ci consente di riesaminare l’interessante questione.
La sentenza della Corte di Cassazione sulle indagini finanziarie contro una SNC
Una S.n.c., operante nel settore della ristorazione, e i soci hanno impugnato, con distinti ricorsi, gli avvisi di accertamento che ricostruivano ai fini Irpef, Irap e Iva, i redditi dell’ente collettivo e, per trasparenza, quelli dei soci, per i periodi d’imposta dal 2003 al 2006, sulla base delle indagini bancarie sui conti correnti della società e dei soci.
La Commissione tributaria provinciale di Viterbo, riuniti i ricorsi, li ha accolti.
La pronuncia, sull’appello dell’Agenzia delle entrate, è stata parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.
In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto legittimo l’accertamento dell’Ufficio poggiante sulla presunzione legale relativa circa la riferibilità alla società delle movimentazioni in entrata e in uscita sui conti correnti dei soci in ragione della stessa base familiare e del vincolo solidaristico caratterizzanti l’ente collettivo.
Con la conseguenza, a giudizio della C.T.R., che spetta alla parte contribuente dare la prova specifica dell’estraneità delle movimentazioni sui conti dei soci, non essendo per altro a tal fine sufficiente una giustificazione generica legata all’attività svolta.
Nella specie, tale prova contraria non è stata fornita ed è priva di fondamento anche l’eccezione dei contribuenti circa l’illegittimo ampliamento del tema del decidere operato dall’ufficio nel giudizio di appello, poiché, in realtà, concentrando l’esame su alcune operazioni bancarie, l’Agenzia si è limitata a mettere in luce come i conti personali dei soci fossero utilizzati per la gestione della società, con il sistematico transito di denaro ad essa riferibile.
Infine, la Commissione regionale, in parziale accoglimento delle doglianze della parte contribuente, ha forfetariamente abbattuto del 30% i maggiori ricavi accertati, facendo leva sul principio per il quale, in relazione a detti maggiori ricavi, si deve tenere conto dell’incidenza percentuale dei relativi costi.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere, ha affermato che la statuizione della Commissione regionale è conforme al consolidato orientamento di legittimi