La Corte di Cassazione ha ulteriormente arricchito l’elaborazione giurisprudenziale in tema di responsabilità dei soci e del liquidatore per i debiti fiscali delle società (in questo caso: di capitali) estinte.
La conclusione, in buona sostanza, pur configurando in via astratta il profilo della responsabilità dei soci, traccia la via giudiziale percorribile dagli stessi a propria difesa.
Il responso, ampio ed articolato, ha trattato temi di particolare interesse quali:
la responsabilità del socio che riscuote somme dal bilancio di liquidazione;
la questione della necessarietà della notifica (o meno) dell’accertamento al socio e quindi della eventuale sufficienza della notifica della sola cartella di pagamento
Responsabilità dell’ex socio di società estinta: un caso concreto
Nel caso che andiamo ad esaminare il giudizio era incardinato originariamente da un contribuente che – nella qualità di ex socio di una e Srl per il 33,3% delle quote sociali – veniva raggiunto da una cartella di pagamento con cui gli veniva intimato, in proporzione alle quote già possedute, il pagamento del debito dell’ente estintosi durante un altro processo, concernente un accertamento induttivo (divenuto poi definitivo).
Le alterne vicende del processo conducevano le parti al giudizio della Suprema Corte, chiamata a esaminare l’asserita illegittimità dell’iscrizione a ruolo diretta nei confronti del socio in assenza di autonomo avviso di accertamento nonché l’eventuale erroneità della decisione impugnata laddove aveva ritenuto non necessaria nè la notifica di tale autonomo avviso d’accertamento, come previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 5, nè tantomeno la prova della percezione di utili da parte del socio nei due anni precedenti la messa in liquidazione della società, prova che il creditore sociale avrebbe pur sempre dovuto fornire.
Nella specie, la C.T.R. competente, preso atto del definitivo accertamento del debito sociale e della conoscenza aliunde del contenzioso tra fisco e società da parte del contribuente, aveva affermato che nel caso di estinzione della società il socio resta responsabile, benchè nei limiti di cui all’art. 2495 codice civile, ovvero di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36.
Ora, non v’è dubbio che il punto nodale della controversia era costituito dalla (pacifica) definitività della pretesa erariale nei confronti della società e dalla circostanza che l’ufficio, passata in giudicato la sentenza che aveva pronunciato l’estinzione, non aveva proceduto all’iscrizione a ruolo nei confronti della società debitrice, ma direttamente nei confronti dei soci, e pro quota, ossia in proporzione alle quote sociali possedute dal già liquidatore della società, sul presupposto della piena opponibilità dell’esito di quel giudizio.
Il responso della Cassazione
La pretesa fiscale si fondava, dunque, sul fenomeno della “successione” del socio alla società estinta (SS.UU nn. 4060, 4061 e 4062/2010, e n. 6070, 6071 e 6072/2003) e sul testo dell’art. 2495 codice civile, comma 2, (come modificato dalla riforma societaria del 2003, applicabile ratione temporis al processo svolto, ma oggi traslata nell’art. 2495 codice civile, comma 3 per effetto dell’interpolazione operata dal D.L. n. 76 del 2020, art. 40, comm