In tema di società di comodo, vanno distribuiti in maniera corretta gli oneri probatori fra l’Ufficio e il contribuente perché, di fronte al mancato superamento del test di operatività da parte della società, occorre analizzare in maniera esaustiva e completa la sussistenza di questa situazione di oggettività, analizzando la situazione patrimoniale e produttiva della società nel suo complesso, non trascurando l’effettiva presenza di apparati produttivi che avrebbero potuto permettere di superare il test operatività.
La corretta distribuzione degli oneri probatori tra Fisco e società di comodo: i fatti di causa
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso di parte avverso l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2010, in quanto l’Ufficio aveva accertato in capo alla società un maggior reddito ex art. 30 della legge n. 724 del 1994, qualificandola come una società non operativa.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate, affermando che l’assoggettamento all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 è determinato dal perseguimento di finalità elusive la cui sussistenza non può essere ritenuta semplicemente con riferimento al reddito prodotto.
Per altro verso, sulla base degli elementi forniti, deve riconoscersi effettiva l’impossibilità di realizzare un reddito nella fattispecie attese le circostanze che la connotano (cessazione “obbligata” dell’attività dal 2001, stato di abbandono dell’immobile e conseguente degrado dello stesso, messa in liquidazione della società nel 2003).
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 30 della legge n. 724 del 1994 e 53 Cost., in quanto i soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività non possono essere di per sé esclusi dal regime delle società non operative.
Inoltre, gli impedimenti soggettivi non costituiscono esimenti e l’intento elusivo non è elemento costitutivo della fattispecie “società non operativa”.
Il pensiero della Cassazione in tema di società non operative
Il motivo è fondato.
Ricostruito il dettato normativo di riferimento, la Corte afferma che la disciplina delineata dalla L. n. 724 del 1994, art. 30 “mira a disincen