Il Fisco si esprime riguardo ad una operazione particolare: la scissione asimmetrica non proporzionale a vasi comunicanti.
Può tale operazione, fiscalmente, dar luogo a contestazioni per abuso del diritto?
La scissione asimmetrica non proporzionale: strumento utile per risolvere problemi di gestione
La scissione asimmetrica non proporzionale è operazione da molti anni affrancata, dalla Amministrazione finanziaria, e molto praticata dalla realtà operativa.
Consente infatti spesso di risolvere problemi di diverse visioni di gestione, soprattutto tra familiari, senza oneri fiscali.
Alla fin fine il fisco non perde nulla, restando immutati i valori di riferimento (leggi eventuali plusvalori) e ne guadagna la gestione aziendale, più logica e razionale.
Si tratta di operazioni sovente legate agli immobili intestati appunto a società, sia commerciali che semplici, con quote sociali di provenienza spesso di origine successoria.
Oramai è acquisita la possibilità di scindere una società in modo asimmetrico e non proporzionale, mantenendo i valori di riferimento.
Un esempio per comprendere meglio…
Si pensi al caso, appositamente semplificato, di due soci al 50% di una società qualsiasi con un patrimonio di due immobili, più o meno dello stesso valore.
Con questo tipo di scissione si arriva ad assegnare un immobile ad una società di un socio, e l’altro immobile ad altra società, dell’altro socio, ognuno quindi titolare al 100% di una società che detiene un solo immobile (per le società di persone, con obbligo di ripristinare la compagine societaria entro i successivi sei mesi, magari con l’inserimento di figli).
Se i soci non pensano di cedere le quote a terzi, ma piuttosto di continuare nella gestione dei beni, non si intravede alcuna ipotesi di abuso del diritto.
Decine sono gli interventi della Amministrazione finanziaria che hanno ammesso questo tipo di operazioni.
L’intervento del Fisco
L’Age