Il rito processuale tributario differisce dai riti del processo civile e amministrativi. In questo articolo analizziamo quali sono i poteri istruttori delle commissioni tributarie: il caso delle prove non cartolari, i poteri estimativi e le possibilità di valutazioni equitative, la richiesta di integrazione dell’avviso di accertamento
La giurisdizione delle Commissioni tributarie
Le Commissioni Tributarie – provinciali e regionali – sono organismi dotati di giurisdizione generale in materia di controversie “aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio”, con l’esclusione degli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento (art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992).
Tali organismi giudicanti sono dotati di vasti poteri istruttori (analoghi a quelli degli uffici dell’amministrazione finanziaria), che però vanno esercitati nei limiti di ciò che è necessario alla decisione della singola controversia.
Questi gli argomenti qui trattati:
- Normativa di riferimento
- Prove “non cartolari”
- Condizioni di esercizio
- Stallo processuale
- Esibizione del pvc
- Potere estimativo
- Doppio binario
- Valutazioni equitative
- Acquisizione ufficiosa
- Integrazione dell’accertamento
- Considerazioni di sintesi
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Commissioni tributarie: normativa di riferimento
Ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, le commissioni tributarie:
- “ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta” (comma 1);
- “quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica” (comma 2).
Il comma 3, abrogato dall’art. 3-bis del D.L. 30.09.2005, n. 203 (convertito con modificazioni dalla legge 02.12.2005, n. 248, stabiliva inoltre che:
- “è sempre data alle commissioni tributarie facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia”.
Alla luce dei commi precedenti, nel regime antevigente veniva pertanto a configurarsi un potere molto ampio di acquisizione di elementi istruttorii anche “di iniziativa” delle commissioni, analogo a quello degli uffici finanziari.
A seguito della modifica normativa, alle commissioni tributarie è stata più nettamente inibita la possibilità di adottare un comportamento “sostitutivo” rispetto a quello delle parti (cioè di impiegare atti o documenti non prodotti da queste ultime in sede di accertamento/ricorso e nella costituzione in giudizio).
Prove non cartolari
Permangono immutati i commi 4 e 5 dell’art. 7 in commento, secondo i quali:
- nel giudizio tributario non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale;
- se le commission