Qual è il corretto trattamento IVA da riservare alla gestione dei buoni pasto nell’ambito delle mense aziendali? Dall’Agenzia Entrate importanti chiarimenti…
Trattamento IVA dei buoni pasto nelle mense aziendali: premessa
L’Agenzia Entrate, in risposta ad una richiesta di consulenza giuridica, ha chiarito l’annosa questione relativa al corretto trattamento IVA da riservare alla gestione dei buoni pasto nell’ambito delle mense aziendali.
In particolare, il tema della fruizione dei buoni pasto è stato affrontato esaminando il rapporto intercorrente:
- tra datore di lavoro e società emittente i buoni pasto;
- tra società emittente e soggetto che incassa il buono pasto.
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I servizi sostitutivi di mensa aziendale
Seppur non oggetto di analisi in questa sede evidenziamo anzitutto che il Legislatore all’art. 51, comma 2, lett. c) del TUIR ha previsto che “Non concorrono a formare il reddito:
- le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29”.
Osserviamo, inoltre, che in attuazione dell’art. 144[1] del Dlgs n. 50/2016[2], il MISE[3] ha emanato il decreto n. 122 del 7.6.2017 regolamentando i servizi di ristorazione resi per mezzo di buoni pasto.
Nello specifico il Decreto all’art. 1 individua:
- in quali esercizi commerciali è possibile fruire del servizio sostitutivo di mensa reso tramite i buoni pasto;
- le caratteristiche dei buoni pasto;
- il contenuto degli accordi stipulati tra la società di emissione dei buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili.
Il tutto per garantire: la libertà di concorrenza nel settore, un equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici e un efficiente servizio ai consumatori.
Al successivo comma 2, norma richiamata anche nella risoluzione n. 75/E/2020, qui in commento, lo stesso MISE fornisce alcune utili definizioni che qui riportiamo.
In particolare, la norma chiarisce che:
- per attività di emissione di buoni pasto si intende l’attività finalizzata a rendere, per il tramite di esercizi convenzionati, il servizio sostitutivo di mensa aziendale[4];
- per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo dei buoni pasto si intendono le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo effettuate dagli esercenti le attività elencate all’art. 3[5];
- per buono pasto si intende il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all’art. 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’art. 2002 del Codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione[6];
- per valore facciale del buono pasto si intende il valore della prestazione indicato sul buono pasto, inclusivo dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 6[7].
Le caratteristiche dei buoni pasto
Come previsto dall’art. 4 comma 1 del decreto MISE i buoni pasto:
- possono essere utilizzati solo dai lavoratori subordinati “a tempo pieno o par