E’ particolarmente interessante l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 13694 del 3 luglio 2020, secondo cui l’avviso bonario, in quanto finalizzato a comunicare gli esiti della liquidazione, non assume natura confessoria dell’Amministrazione sull’esistenza del credito, che va comprovato dal contribuente con idonea documentazione.
L'avviso bonario in contestazione
La contribuente ha impugnato il diniego di rimborso di credito IVA dell’anno di imposta 2007 per intempestiva presentazione del modello VR, relativamente al quale l’Ufficio aveva ritenuto che tale circostanza comportasse la decadenza di cui all’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/92.
La CTP di Roma ha accolto il ricorso della contribuente e la CTR del Lazio ha rigettato l’appello dell’Ufficio, rilevando come l’Ufficio non avesse riproposto l’eccezione di decadenza e avesse insistito unicamente sulla questione della mancata prova del credito IVA, ritenendo in proposito provato il credito IVA, in quanto risultante dalla comunicazione di preavviso di irregolarità inviato dall’Ufficio.
In pratica, il giudice del riesame ha ritenuto provato il credito IVA dal contenuto della comunicazione di irregolarità “in cui figura la dizione 'rimborso spettante' 120.000 Euro. Si tratta di documento richiesto telematicamente dal contribuente in cui risulta detta indicazione da parte dell’Ufficio”.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, ritenendo che il giudice di appello ha errato nel ritenere provato il credito alla luce della comunicazione di preavviso di irregolarità; deduce il ricorrente che la dizione “rimborso spettante” riguarda “il mero esito formale della liquidazione a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, la quale attesta la correttezza dei dati esposti in dichiarazione all’esito di controllo formale, ma non attesta l’esistenza sostanziale del credito. Ritiene, pertanto, non provato il cre