Cosa si intende per cessioni intracomunitrie a catena? Quali sono gli adempimenti IVA connessi con questa particolare tipologia di operazioni?
In questo articolo spieghiamo alcuni concetti chiave: soggetto intermedio, cessioni a distanza, problemi legati al trasporto dei beni.
Premessa sulle cessioni intracomunitarie a catena
Una delle novità fiscali in vigore dal 1.1.2020 è quella relativa alle cessioni a catena di cui all’art. 36-bis della Direttiva n. 2006/112/CE.
Introdotta dall’art. 1, §2 della Direttiva n. 2018/1910/UE la norma come vedremo non è di facile comprensione.
Entrando nel dettaglio evidenziamo anzitutto che il nuovo art. 36-bis della Direttiva IVA:
- è “frutto” del noto e consolidato orientamento della Corte di Giustizia europea;
- obbliga tutti i Paesi membri ad adottare e pubblicare entro il 31.12.2019 tutte le disposizioni legislative, regolamentari, ed amministrative necessarie per adeguarsi alla Direttiva.
L’Italia in tal senso è in forte ritardo.
Sulle cessioni a catena abbiamo pubblicato:
“Le cessioni a catena UE: operatore intermedio, triangolazioni, operazioni quadrangolari, trasporti”
Premesso ciò, segnaliamo che al fine di agevolare l’applicazione della nuova disciplina la Commissione europea ha rilasciato una serie di note esplicative, cosiddette “expanatory notes”, disponibili dallo scorso aprile anche in lingua italiana, che consentono di dissipare più di qualche dubbio interpretativo.
Dalle citate note emerge come il primo cedente di una cessione a catena, che non si occupa di organizzare il trasporto, possa beneficiare del regime di esenzione IVA, ex art. 138 della Direttiva IVA (il corrispondente italiano è l’art. 41 del DL n. 331/1993), se:
- è in grado di fornire la prova del trasporto con arrivo in altro Paese membro;
- riesce a dimostrare che il trasporto è stato organizzato dal proprio cessionario e non da un soggetto successivo della catena.
Di seguito l’analisi della nuova disciplina.
Le cessioni a catena
Come evidenziato al punto n. 6 delle note introduttive alla Direttiva n. 2018/1918/UE:
“(6) Le operazioni a catena si riferiscono a cessioni successive di beni che sono oggetto di un unico trasporto intracomunitario.
La circolazione intracomunitaria dei beni dovrebbe essere imputata a una sola delle cessioni e solo detta cessione dovrebbe beneficiare dell’esenzione dall’IVA prevista per le cessioni intracomunitarie.
Le altre cessioni nella catena dovrebbero essere soggette a imposizione e potrebbero necessitare dell’identificazione IVA del cedente nello Stato membro di cessione”.
La definizione di “operazioni a catena” nasce dal consolidato orientamento della Corte di Giustizia UE, che a partire dalla prima sentenza – causa C-245/04 del 6 aprile 2006, Emag Handel Eder – ha chiarito che una operazione è qualificata “a catena” solo se è posta in essere da tre soggetti appartenenti a tre diversi Stati UE.
In caso contrario:
- non si configura una operazione a catena;
- non trova applicazione la normativa semplificata della triangolazione comunitaria;
- solo una delle due cessioni è qualificata intracomunitaria, ovvero è detassata.
Per meglio chiarire, immaginiamo una impresa italiana (IT) che cede un bene ad una impresa tedesca (DE1), che a sua volta cede lo stesso bene ad un’altra impresa tedesca (DE2).
In una siffatta situazione l’esenzione IVA potrebbe verificarsi:
- nella prima cessione, se il trasporto intracomunitario si determina tra IT e DE1.
In tal caso la seconda cessione tra DE1 e DE2 si considera interna nello Stato di destino;
- nella seconda cessione, se il trasporto intracomunitario si determina tra DE1 e D2.
È questa l’ipotesi in c