Capita sovente che i dipendenti vengano inviati dal loro datore di lavoro a svolgere l’attività lavorativa presso un’altra sede di lavoro rispetto a quella abituale, oppure che non vi sia una sede abituale di lavoro e che i dipendenti siano tenuti a recarsi ogni volta in un luogo differente, perché la variazione di volta in volta della sede di lavoro è congeniale al tipo di attività stessa.
In tutti questi casi, sorge il problema per il datore di lavoro di come indennizzare, rimborsare oppure ristorare del disagio subito il lavoratore, avendo così una grande confusione su quali siano gli importi da erogare quali indennità esenti e quali quelli rientranti nella retribuzione e quindi a tutti gli effetti tassabili.
Di seguito si intende fornire le definizioni di trasferta e trasfertismo al fine di distinguere i due istituti e non incorrere in errori che potrebbero, in caso di ispezione o di impugnativa da parte del lavoratore, dare luogo a recuperi di tipo contributivo e fiscale.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i pilastri necessari all’individuazione del lavoratore trasfertista, facilitandone l’individuazione al fine di differenziare il trasfertismo dalla più comune trasferta.[1]
Per approfondire leggi “Trasferta o trasfertista? Un caso creato dalla giurisprudenza”
La trasferta: che cos’è ed il suo trattamento
Per trasferta si intende lo spostamento temporaneo del lavoratore verso un’altra località rispetto a quella in cui egli esegue normalmente la propria attività.
In altre parole quindi i dipendenti o gli amministratori che siano chiamati a svolgere le proprie mansioni temporaneamente fuori dalla sede di lavoro abituale a fronte di esigenze di servizio di carattere transitorio e contingente si considerano in trasferta.
Elementi caratterizzanti della trasferta: luogo di lavoro e occasionalità
Quindi, ai fini della configurabilità della trasferta sono necessari almeno due requisiti:
- permanenza del legame del lavoratore con l’abituale luogo di lavoro;
- temporaneità del mutamento del luogo di esecuzione della prestazione.[2]
La sede di lavoro, indicata nella lettera di assunzione del lavoratore subordinato oppure nel verbale dell’assemblea dei soci per l’amministratore, costituisce quindi un parametro essenziale al corretto trattamento della trasferta sia ai fini fiscali che previdenziali.
Il legislatore disciplina in modo diverso le trasferte a seconda che queste avvengano nel Comune o fuori dal Comune in cui è ubicata la sede abituale di lavoro del dipendente o amministratore. In particolare le agevolazioni fiscali e previdenziali trovano applicazione esclusivamente nell’ipotesi in cui il dipendente o amministratore sia chiamato a svolgere le proprie mansioni fuori dal Comune in cui è ubicata la sua sede di lavoro abituale.
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