Gli statuti delle Associazioni di Promozione Sociale (A.P.S.) e Organizzazioni di Volontariato (O.D.V.) richiedono un esame separato dagli statuti degli altri enti, da iscrivere anche nel Runts, per la particolarità delle organizzazioni e per l’attenzione loro prestata dal C.T.S..
I precedenti delle A.P.S.
Le Associazioni di promozione sociale (A.P.S.) erano regolamentate dalla L. 7 dicembre 2000, n. 383.
Detta Legge, nel suo art. 1, indicava le finalità che, attraverso lo stesso provvedimento si intendeva perseguire.
In particolare, rammentava che:
“la Repubblica riconosce il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia; favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale”.
Quindi, faceva riferimento agli artt. 2, 3, comma 2, 4, comma 2, 9 e 18, della Costituzione per indicare le radici da cui erano stati raccolti i princìpi fondamentali e le norme per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale e fissava le regole cui le amministrazioni statali, le regioni, le province autonome e gli altri enti locali dovevano adeguarsi nel regolare i loro rapporti con le A.P.S.
Il successivo art. 2 definiva le A.P.S. come quelle “associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati”.
Inoltre, escludeva che potessero entrare nella categoria in argomento: “i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati”, oltre a: i circoli privati e le associazioni comunque denominate che imponevano restrizioni in ordine all’ammissione degli associati, discriminandoli in funzione delle condizioni economiche e di qualsiasi altra condizione, ovvero che consentivano il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, mettevano in relazione, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.
Nell’Allegato A, sono evidenziati gli elementi che l’art. 3, dell’allora L. n. 383/2000, riteneva indispensabili da indicare nell’atto costitutivo e nello statuto.
Detti elementi sono utili ai fini del presente lavoro.
(Per approfondire…“Associazioni di promozione sociale (APS): regime fiscale definitivo ai fini IRES ed IVA a partire dal 2021 – parte prima” di Gianfranco Visconti)
I precedenti dell’O.D.V.
La Legge quadro sul volontariato era dell’11 agosto 1991, n. 266.
Questa Legge, sebbene antecedente rispetto a quella delle A.P.S. esordiva (Art. 1) senza fare alcun riferimento ai valori fondamentali codificati nella Costituzione, ma limitandosi ad evidenziare, come per le A.P.S., che la Repubblica riconosceva il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato, fissando i principi cui le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato dovevano ispirarsi per regolare i loro rapporti con i predetti enti.
Poi, all’art. 2, dell’anticipata L. n. 266/1991, offriva la definizione di attività di volontariato: è “quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario faceva parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”.
Lo stesso art. 2 metteva ancora più a fuoco l’attività del volontario, precisando che:
- la stessa non poteva essere remunerata, in qualsiasi forma, nemmeno dal beneficiario della prestazione del volontario, riconoscendo, però, a quest’ultimo, il diritto al rimborso delle spese, determinate in quanto ai limiti, anticipatamente dalle organizzazioni, cui competeva l’onere di pagarle;
- il volontario non poteva avere alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo, nonché ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di volontariato cui faceva parte.
Quindi, il passaggio di definizione da attività di volontariato a organizzazione di volontariato era presto fatto, essendo data dal successivo art. 3, della ridetta