Decreto Liquidità – Il Governo utilizza verbi inappropriati ed inefficaci

Riflessioni sull’uso talvolta inappropriato e inefficace dei verbi adottati nei più recenti provvedimenti legislativi emanati dal Governo nel corso dell’emergenza CoronaVirus.

Governo utilizza verbi inappropriatiGoverno e utilizzo di verbi inappropriati

In questo particolare e delicato momento storico, soprattutto a seguito di un Documento di Economia e Finanza appena approvato molto oneroso, tanto è vero che per il debito pubblico si prevedono 43.000 euro a testa compresi i neonati, secondo me, nei vari provvedimenti legislativi sino ad ora approvati, il Governo utilizza verbi inappropriati ed inefficaci, quali “prestare”, “sospendere” e “correggere”, invece di utilizzare i più efficaci verbi “finanziare”, “rinviare” e “riformare”.

Infatti, oggi, il Governo ha previsto semplici prestiti da restituire con gli interessi e le commissioni bancarie, peraltro con tempi lunghi aggravati dalla burocrazia bancaria.

Oltretutto, anche se il rimborso dei prestiti fino a 25.000 euro, garantiti al 100% dallo Stato, non deve iniziare prima di due anni dalla loro erogazione, il problema finanziario non cambia di molto.

Inoltre, per i professionisti, il Decreto Liquidità n. 23/2020 è ulteriormente complesso ed incerto, tanto è vero che alcune banche continuano a rifiutare il prestito affermando che possono ottenerlo soltanto i professionisti esercenti attività d’impresa per cui, ad esempio, non spetterebbe all’avvocato o al commercialista mentre potrebbe ottenerlo l’assicuratore (articolo di Luigi Chiarello, in Italia Oggi di sabato 25/4) .

Sino ad oggi, secondo quanto riferito dal Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, sono state accolte 3, 5 milioni di domande su 4,4 milioni di richieste, per cui quasi un milione di contribuenti è rimasto escluso per insufficienza dei fondi statali.

Il prestito, con gli interessi e commissioni, deve essere restituito entro 6 anni e questo non fa che aggravare la difficile situazione finanziaria di imprese e professionisti, molti dei quali erano già in difficoltà economica prima del coronavirus.

Secondo me, invece, sarebbe opportuno prevedere un finanziamento in tutto o in parte a fondo perduto, parametrato al volume d’affari del 2019 (al limite, nella misura del 5% o 10% come in Germania) in modo da consentire ai contribuenti di poter riprendere le proprie attività bloccate da oltre due mesi e con la prospettiva che i propri clienti difficilmente rispetteranno i vari pagamenti a seguito delle difficoltà finanziarie.

 

Proroga al 30 giugno 2020: più problemi che soluzioni

Anche la breve sospensione dei versamenti delle tasse e contributi al 30 giugno 2020 non risolve i problemi, ma anzi li aggrava, perché a giugno ci sarà un grave ingorgo fiscale dovendo pagare in unica soluzione, oppure con brevi cinque rate, tutte le tasse di marzo, aprile, maggio e giugno.

Invece, è necessario un rinvio generalizzato almeno fino a settembre 2020, compresi gli avvisi bonari, fino ad oggi totalmente ignorati, prevedendo inoltre per gli stessi avvisi bonari una rimessione in termini per mancati versamenti precedenti.

Inoltre, anche gli indici di affidabilità economica devono essere totalmente rinviati al prossimo anno, prevedendo anche un ampliamento del meccanismo premiale.

Bisogna, altresì, prorogare al 30 settembre 2020 tutti i termini processuali ed amministrativi in atto, in modo da consentire ai contribuenti di poter meglio organizzare la propria tutela difensiva.

Da ultimo, secondo me, si deve approfittare di questo terremoto economico – finanziario per riformare strutturalmente il fisco, compresa la giustizia tributaria, e non semplicemente apportare piccole ed insignificanti correzioni.

Nel 1971 la Legge delega per la riforma tributaria seppe coniugare l’istituzione di una imposta personale progressiva sul reddito complessivo con l’adeguamento della disciplina del reddito d’impresa alle esigenze di efficienza, rafforzamento e razionalizzazione dell’apparato produttivo in affanno al termine del boom degli anni ‘60 (artt. 1, comma 1, n. 1 e n. 2, e 16 della Legge n. 825 del 1971).

Bisogna riprendere e rispettare lo spirito innovatore di cui sopra, con leggi scritte in modo chiaro e preciso (non come oggi!!), prevedendo una generale “conciliazione fiscale” per chiudere tutte le controversie in atto.

 

A cura Avv. Maurizio Villani

Sabato 2 maggio 2020