Accertamento anticipato: divieto, deroghe ai termini, obbligo di contraddittorio generalizzato

di Fabio Carrirolo

Pubblicato il 19 dicembre 2019

Si avvicina la fine dell'anno ed è tempo di accertamento anticipato.>br> Questo articolo intende approfondire le implicazioni delle deroghe (nei casi specifici previsti) dei termini iniziali e decadenziali per l'esercizio della potestà accertativa, , con riguardo anche a quanto previsto da disposizioni speciali e alle novità introdotte dal DL n. 34/2019.

Accertamento anticipato deroghe termini decadenzialiLa potestà accertativa esercitabile dagli uffici finanziari soggiace a un termine temporale decadenziale massimo (fissato – per le ipotesi di “dichiarazione infedele” - al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione fiscale soggetta a rettifica), e a un ulteriore termine iniziale, di sessanta giorni, che deve necessariamente intercorrere tra la consegna del pvc e l’emanazione (o, meglio, la notifica) dell’atto impositivo.

Questa previsione, contenuta nell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, può essere derogata solo in particolari circostanze di tipo oggettivo.

Nel presente contributo si esamineranno le implicazioni di questa regola generale, con riguardo anche all'intreccio con i termini decadenziali per l’attività di accertamento e con quanto previsto da disposizioni speciali.

 

Il potere di accertamento: termine iniziale e termine decadenziale

 

Il potere di accertamento può esercitarsi, sia ai fini delle imposte dirette (IRES/IRPEF), sia ai fini dell’IRAP e dell’IVA, a partire dal giorno 60 + 1 dopo la consegna al contribuente della copia del pvc, e fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

È così individuato un quadro di “doppie garanzie” per il contribuente, la prima (termine iniziale), per consentire l’acquisizione delle osservazioni del contribuente stesso, e la seconda (termine decadenziale), per non assoggettare la parte a un potere temporalmente illimitato, ciò che comporterebbe peraltro un aggravio negli adempimenti a carico sia dei privati, sia dell’amministrazione.

La sospensione dell’attività di accertamento spinge l’ufficio ad effettuare un esame critico del pvc prima di procedere alla notifica dell’avviso di accertamento, non potendosi limitare a recepire acriticamente il verbale senza tener conto delle osservazioni, delle valutazioni e delle interpretazioni dissenzienti effettuate dal contribuente.

Mentre il termine decadenziale non può essere derogato (semmai il legislatore ha previsto alcune ipotesi di ampliamento, come quella collegata alla rilevazione di comportamenti concretanti violazioni penali tributarie, di cui all’art. 37, comma 24, del D.L. n. 223/ 2006, convertito in legge n. 248/2006), al termine iniziale l’ufficio accertatore può derogare, ma solamente in presenza di condizioni di particolare e motivata urgenza.  

 

Questioni di costituzionalità

 

La possibilità di non osservare, a determinate condizioni, il periodo di 60 giorni anteriore dell’emanazione / notifica dell’avviso di accertamento, è stata oggetto dell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 244/2009 (decisione del 16.07.2009, deposito 24.07.2009).

La vicenda, promossa dalla CTR della Campania, riguardava un contenzioso in cui era parte l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il quale aveva proceduto alla notifica dell’accertamento in data anteriore rispetto ai 60 giorni decorrenti dalla consegna del pvc.

Secondo il giudice a quo, la fase procedimentale coincidente con il periodo di sospensione dell’accertamento è finalizzata a garantire e a incentivare il principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, che esalta la funzione propria del contraddittorio (principio, quest’ultimo, desumibile dagli artt. 24, secondo comma, e 111 Cost.), con la conseguente possibile nullità dell’atto impositivo notificato prima del termine iniziale