La cartella di pagamento ha natura di atto impositivo e la relativa controversia è atto definibile in forma agevolata.
L’importante principio è contenuto in una recente sentenza della Cassazione, da cui emerge che la cartella, quale primo ed unico atto della pretesa fiscale portato a conoscenza del contribuente, non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri ma anche per questioni che attengono al merito della pretesa fiscale ed ha, pertanto, natura di atto impositivo.
Il principio è contenuto nella sentenza della Cassazione n. 27271/2019 Sez. V.
La Cartella di Pagamento
La cartella di pagamento è un atto amministrativo di esecuzione, avente natura di intimazione al pagamento e di avviso di mora, che racchiude le funzioni di titolo esecutivo (ruolo e precetto).
Essa non è un atto impositivo ma è un atto dell’agente di riscossione redatta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle finanze (art. 25, comma. 2, Dpr n. 602/1973) e deve contenere l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.
L’art. 7 della legge n. 212/2000 stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 legge n. 241 del 1990, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.
Trattasi, comunque, di principio di valenza generale che occorre calare nelle varie situazioni portate al vaglio dell’organo giurisdizionale.
Sul tema si cita l’art. 39