Evasione fiscale: i controlli sperimentali del Fisco su società di persone e di capitali

L’Agenzia delle Entrate ha avviato la procedura sperimentale di analisi del rischio di evasione per le società di persone e di capitali basata sull’utilizzo integrato delle informazioni comunicate dagli operatori all’archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in anagrafe tributaria. Vediamo come funziona.

 

L’attività di contrasto all’evasione dell’Amministrazione finanziaria

 

controlli sperimentali contro evasione fiscaleUna delle attività più “tipiche” dell’amministrazione finanziaria è quella di “contrasto all’evasione”, che si concretizza in un mix di deterrenza e repressione (verifiche fiscali, accertamento, sanzioni).

Sempre più, nel corso degli anni, questa attività di contrasto cerca di circoscrivere l’area dei possibili controlli e di rendersi, per quanto possibile, meno invasiva: in questa prospettiva, l’immensa disponibilità di dati di “interesse fiscale” e l’implementazione di forme di trasmissione diretta delle informazioni consentono, in generale, di evitare le richieste ai contribuenti.

L’anagrafe tributaria si è andata via via arricchendo di dati “specializzati”: in particolare, sia ai fini degli accertamenti che della programmazione delle attività, si è andata costruendo l’“anagrafe dei rapporti”, in grado di fornire immediatamente all’Agenzia delle Entrate tutti i riscontri necessari relativi alla disponibilità e alla movimentazione di denaro e attività finanziarie da parte dei contribuenti.

In epoca recente, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 08/08/2019, n. 669173, contenente le disposizioni attuative dell’art. 11 comma 4 del D.L. 06.12.2011, n. 201 (convertito dalla legge 22.12.2011, n. 214), ha avviato la procedura sperimentale di analisi del rischio di evasione per le società di persone e di capitali basata sull’utilizzo integrato delle informazioni comunicate dagli operatori all’archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in anagrafe tributaria.

 

Programmazione delle attività istituzionali di contrasto all’evasione fiscale

 

L’Agenzia delle Entrate svolge i propri compiti istituzionali (controllo fiscale e accertamento, assistenza e consulenza ai contribuenti, gestione dei tributi) sulla base di una convenzione stipulata con la competente articolazione del governo (MEF).

Alla convenzione è allegato un piano (originariamente annuale, e attualmente triennale), nel quale sono indicate le attività alle quali l’Agenzia si impegna; si tratta, nel contesto del sistema Ministero – Agenzia, della stessa “linea di trasmissione” sulla quale si situano gli indirizzi generali dei Ministeri.

La programmazione delle attività istituzionali del Fisco parte quindi dal Documento di Economia e Finanza (DEF), per poi essere trasfusa nell’atto di indirizzo del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che funge da diretto supporto per la determinazione degli obiettivi che sono oggetto della convenzione.

A seguito dell’emanazione delle linee guida dei controlli in sede di convenzione, l’Agenzia delle Entrate emana solitamente delle circolari che valgono quali indirizzi operativi per far fronte all’attività di prevenzione e contrasto all’evasione: da ultima, è stata resa pubblica la circolare 08.08.2019, n. 19/E.

Anche la Guardia di Finanza si dota di analoghe linee guida generali, intese quale strumento per l’orientamento dei reparti impegnati sul campo: la totale autonomia del Corpo rispetto all’amministrazione civile incontra un limite solo nella previsione del coordinamento con gli uffici e nel dovere di collaborazione.

 

L’Anagrafe tributaria

 

Nella sua attuale configurazione, il sistema informativo dell’anagrafe tributaria si presenta come una vasta banca dati, accessibile ai soggetti abilitati (Agenzie Fiscali, Guardia di Finanza, etc.) mediante interrogazioni su singole posizioni tributarie di persone fisiche, imprese, etc., che possono estendersi alla situazione reddituale e patrimoniale del soggetto, nonché all’identificazione e all’esame della posizione dei suoi danti e aventi causa in contratti e operazioni “tracciate”.

L’anagrafe tributaria non contiene altro che i dati comunicati dai contribuenti, o dagli altri soggetti obbligati (ad es., i sostituti di imposta), attraverso dichiarazioni, comunicazioni, etc., in esecuzione di obblighi di legge: essa rappresenta insomma un coacervo di informazioni che, nel loro complesso, forniscono una “fotografia” anagrafica, reddituale, patrimoniale e più strettamente fiscale, del cittadino, identificato attraverso il codice fiscale e/o la partita IVA.

A titolo meramente riassuntivo, in anagrafe tributaria possono essere rinvenuti i dati riguardanti:

  • i contratti registrati (compravendite, locazioni, etc.);
  • la proprietà di beni mobili registrati;
  • la proprietà di azioni / partecipazioni in società;
  • le dichiarazioni fiscali presentate;
  • le comunicazioni prodotte al fisco per l’accesso a regimi speciali, agevolazioni, etc.;
  • le utenze elettriche, telefoniche e relative ad altri servizi;
  • le assicurazioni stipulate;
  • l’eventuale attività di accertamento e il contenzioso tributario.

 

Archivio dei rapporti e obbligo di comunicazione per gli intermediari finanziari

 

Il D.L. 04.07.2006, n. 223 (convertito dalla legge 04.08.2006, n. 248), ha previsto per le banche, la Poste italiane S.p.a., gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, etc., l’obbligo di comunicare all’anagrafe tributaria gli estremi dei rapporti intrattenuti con i propri clienti, destinati all’archiviazione in un’apposita sezione dell’anagrafe tributaria (“anagrafe dei rapporti”).

In particolare, per i soggetti indicati era previsto l’obbligo di rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenesse con loro qualsiasi rapporto o effettuasse, per conto proprio o per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro (art. 7, comma 6, D.P.R. n. 605/1973).

L’esistenza dei rapporti, nonché la loro natura, devono essere (art. 37, comma 4, D.L. n. 223/2006):

  • comunicate all’anagrafe tributaria;
  • archiviate in un’apposita sezione dell’anagrafe stessa, con indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale.

Le comunicazioni al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, in ogni caso, devono effettuarsi in via telematica (art. 7 comma 11 D.P.R. n. 605/1973).

Il successivo D.L. 06.07.2011, n. 98 (convertito dalla legge 15.07.2011, n. 111) – all’art. 23, commi da 24 a 27 – ha ampliato i destinatari delle richieste di indagini finanziarie dell’amministrazione fiscale, consentendo agli uffici di acquisire informazioni sui rapporti finanziari anche da società ed enti di assicurazione.

 

Finalità dell’anagrafe dei rapporti

Le informazioni che gli intermediari finanziari devono trasmettere all’anagrafe tributaria sono finalizzate:

  • all’analisi del “rischio evasione”;
  • all’utilizzo per attività di accertamento induttivo / analitico-induttivo / sintetico (Cass. 24.10.2014, n. 22634);
  • all’effettuazione delle indagini bancarie e finanziarie (artt. 32, D.P.R. n. 600/1973 e 51, D.P.R. n. 633/1972);
  • alle eventuali indagini penali;
  • alla riscossione coattiva delle imposta;
  • al controllo relativo alle dichiarazioni ISEE (art. 11, comma 4, D.L. n. 201/2011).

 

Tempi di comunicazione

Per quanto disposto dall’art. 11, comma 2, del D.L. n. 201/2011, per gli operatori finanziari l’obbligo di comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria le movimentazioni e le informazioni relative ai rapporti finanziari va adempiuto entro il 15/02 dell’anno successivo rispetto a quello cui si riferiscono le informazioni.

Le comunicazioni relative alle modifiche intervenute nei rapporti, comprese le cessazioni, nonché le informazioni relative ai nuovi rapporti instaurati nel corso di un mese devono essere effettuate entro l’ultimo giorno del mese successivo (provvedimenti 19.01.2007, n. 9647, e 29.02.2008, n. 31934).

 

Analisi del rischio di evasione

 

Come stabilito dall’art. 11, comma 4, del D.L. n. 201/2011, le informazioni comunicate all’archivio dei rapporti finanziari sono utilizzate dall’Agenzia delle Entrate per le analisi del “rischio di evasione”.

La relativa procedura sperimentale è stata avviata con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 08.08.2019, n. 669173.

In particolare l’analisi, fondata sull’utilizzo integrato dei dati dell’“archivio” con quelli presenti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria, si focalizzerà sulle incoerenze tra le disponibilità finanziarie risultanti dalle informazioni comunicate all’archivio e i ricavi (nonché il volume di affari), dichiarati dai contribuenti per gli anni 2016 e 2017.

 

Sanzioni per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione

 

In ipotesi di omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati, risulta applicabile la sanzione da 2.000 a 21.000 euro (art. 10, comma 1-bis, D.Lgs. n. 471/1997), ridotta alla metà se la trasmissione avviene nei 15 giorni successivi.

Giacché la comunicazione ha ordinariamente cadenza mensile, ogni mese si configura un obbligo autonomo, la cui violazione è sanzionabile.

La diversa ipotesi della comunicazione annuale omessa, tardiva o infedele, non dovrebbe invece essere sanzionata ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 471/1997, ma dell’art. 11, comma 1, lett. a), del medesimo decreto (sanzione da 250 a 2.000 euro): si tratta infatti di una comunicazione non rientrante tra quelle di cui all’art. 7 comma 6 del D.P.R. n. 605/1973.

 

Incroci con l’antiriciclaggio

 

Con il D.Lgs. 18/05/2018, n. 60, è stato previsto l’accesso da parte delle autorità fiscali ai dati e alle informazioni in materia di antiriciclaggio, modificando e integrando l’art. 3 del D.Lgs. 04/03/2014, n. 29, di recepimento della direttiva 2016/2258/UE del Consiglio del 06/12/2016 (“DAC5”), fonte comunitaria principale in materia di cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

Per quanto specificamente riguarda i controlli di tipo finanziario, si osserva che banche e istituzioni finanziarie sono destinatarie sia degli obblighi di comunicazione dei dati ai fini fiscali, sia degli adempimenti di “adeguata verifica” della clientela a fini antiriciclaggio.

Per quanto previsto dal D.Lgs. n. 60/2018, l’accesso ai documenti, ai dati e alle informazioni acquisite in assolvimento degli obblighi antiriciclaggio deve intendersi consentito anche nello svolgimento dei controlli fiscali.

 

Indagini finanziarie

 

Le indagini finanziarie, che attingono dall’archivio dei rapporti le proprie “fonti informative”, sono uno strumento investigativo potenzialmente assai valido in funzione antievasione, con qualche complessità di utilizzo per gli uffici (acquisizione massiva di dati dai quali è difficile estrapolare quelli interessanti, estensione a familiari e a più conti con la proliferazione dei rapporti, che rende difficile associare i movimenti a un maggior reddito, interferenza tra i conti / rapporti della società e quelli personali dei soci / amministratori e loro familiari).

Si tratta comunque di un metodo istruttorio potente, anche perché inverte l’onere della prova, posto a carico dei soggetti controllati.

Le norme che legittimano l’Amministrazione fiscale – Agenzia delle Entrate, G.d.F. nell’ambito delle proprie funzioni di polizia tributaria – a controllare i conti e i rapporti intrattenuti dai contribuenti con istituti di credito, o con la società Poste Italiane S.p.a., sono riconducibili

  • per l’IVA, all’art. 51, comma 2, n. 7), del D.P.R. n. 633/1972;
  • per le imposte sui redditi, agli artt. 32, comma 1, n. 7), e 33, commi 2, 3 e 6, del D.P.R. n. 600/1973.

 

Queste disposizioni normative attribuiscono rilevanza alle movimentazioni in entrata (come ad esempio, ma non solo, i versamenti sui conti), nonché, in determinate ipotesi e solo per le imprese, a quelle in uscita (prelevamenti), ponendole a base di accertamenti e rettifiche ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA.

La concreta operatività delle indagini finanziarie è stata possibile solo a seguito della costruzione dell’archivio dei rapporti (centrale sia in funzione di “banca dati” dei rapporti finanziari a fini di accertamento, sia come strumento per dirigere e circoscrivere i controlli da svolgere).

In caso di indagini finanziarie nei confronti di una società (nella specie, di capitali), l’accertamento rileva ai fini delle imposte sui redditi, IVA e IRAP, atteso che una società non può che essere un’impresa soggetta a tali tributi, e l’accertamento deve qualificarsi come analitico-induttivo.

Rispetto all’accertamento analitico-induttivo, l’indagine finanziaria e i suoi effetti sono solo uno strumento proceduralizzato / tipicizzato di verifica fiscale, utilizzabile appunto ai fini della particolare metodologia accertativa. Insomma: l’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, e la corrispondente norma IVA, hanno funzione strumentale e servente rispetto all’art. 39, comma 1, lett. d) dello stesso D.P.R. n. 600/1973 (cfr. Cass. n. 12831/2017).

 

Nuove procedure di analisi del rischio di evasione

 

Il provvedimento n. 669173 dell’08/08/2019, contenente le disposizioni attuative dell’art. 11, comma 4, del D.L. n. 201/2011, orienta l’analisi del “rischio di evasione” individuando le società di persone e di capitali per le quali emerge un’incoerenza tra le disponibilità finanziarie risultanti dalle informazioni comunicate all’archivio dei rapporti finanziari e i ricavi / volume d’affari dichiarati per gli anni 2016 e 2017.

Con l’emanazione di tale provvedimento, viene avviata una fase “sperimentale” di analisi preventiva del “rischio”, finalizzata alla programmazione dei controlli, fondata sull’utilizzo combinato delle informazioni dell’archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in Anagrafe tributaria.

Si cerca, quindi, di coordinare dati ed elementi che sono nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria, ma che in precedenza erano collegati tra loro solo “eventualmente”, in presenza di controlli già avviati e non per una perimetrazione ex ante dei soggetti da controllare.

L’orientamento assunto, si ritiene, risponde a un’esigenza via via rafforzatasi negli anni, di ritagliare in modo sempre più preciso l’area dell’“evasione possibile”, in considerazione sia di ragioni di buon andamento ed economicità dell’attività amministrativa, sia dell’esigenza di non gravare inutilmente i contribuenti con rischi e adempimenti supplementari.

Il nuovo provvedimento può ricollegarsi, tra l’altro, al precedente provvedimento n. 197357/2018: con quest’ultimo, era stata elaborata una procedura sperimentale finalizzata ad individuare le società di persone e di capitali per le quali, pur risultando sui conti correnti movimenti in entrata, per il periodo di imposta 2016 era stata:

  • omessa la presentazione della dichiarazione fiscale (ai fini reddituali e IVA);
  • (ovvero) presentata la dichiarazione senza dati contabili significativi.

 

Contribuenti sottoposti alla nuova procedura di analisi del rischio

 

I contribuenti individuati in base alla nuova procedura di analisi del rischio di possono essere selezionati per l’effettuazione delle ordinarie attività di controllo.

Come si diceva, tale procedura individua, in relazione agli anni 2016 e 2017, le società di persone e di capitali per le quali emerge un’incoerenza tra:

  • le disponibilità finanziarie risultanti dalle informazioni comunicate all’archivio dei rapporti finanziari;
  • (e) i ricavi / volume d’affari / l’IVA dovuta.

 

Da questa selezione sperimentale sono escluse le persone fisiche, potenzialmente soggette ad accertamento sintetico (art. 38 D.P.R. n. 600/1973).

È chiaro tuttavia che si tratta solo di un mezzo per la selezione preventiva delle posizioni da controllare, e non di una nuova modalità accertativa.

Pertanto, la situazione tributaria dei soggetti (società di persone e di capitali) selezionati potrà essere rettificata, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA (nonché dell’IRAP, dato il rinvio fatto per tale imposta alle disposizioni sull’accertamento delle imposte dirette) utilizzando tutte le forme di accertamento possibili: analitico, induttivo, analitico-induttivo.

Potrà essere fatto quindi ampio ricorso a presunzioni, e tra queste presunzioni troveranno posto quelle “costruite” sui dati reperiti grazie all’uso combinato di anagrafe tributaria e archivio dei rapporti.

 

Non può escludersi, peraltro, nemmeno la combinazione con i controlli antiriciclaggio, dei quali si è detto sopra.

Le persone fisiche non sono in sé coinvolte da queste nuove disposizioni sull’attività preventiva di “intelligence” fiscale, ma è chiaro che sulla posizione personale del socio e/o amministratore di società può innescarsi il controllo originariamente attivato sull’ente collettivo (così come, viceversa, l’accertamento – anche sintetico / redditometrico – sulla persona fisica può coinvolgere, in uno “step” successivo, la società della quale il soggetto detenga le partecipazioni o sia amministratore).

 

Come si svolge la procedura di analisi del rischio

 

Nella “divisione dei compiti” delle varie articolazioni dell’Agenzia delle Entrate, secondo quanto previsto dal provvedimento, la Divisione Contribuenti trasmette alle direzioni regionali e alle Direzioni provinciali l’elenco delle posizioni di competenza, individuate tramite un applicativo informatico al quale possono accedere utenti appositamente abilitati.

Per ogni posizione segnalata, è comunicata alle direzioni regionali dell’Agenzia l’informazione sulla numerosità dei conti correnti e sul totale aggregato dei saldi e dei movimenti dei rapporti finanziari, nonché gli ulteriori elementi significativi presenti in anagrafe tributaria.

Le direzioni provinciali (organismi direttamente operativi) valutano le posizioni comunicate ai fini dell’ordinaria attività di controllo e comunicano gli esiti delle attività svolte mediante la compilazione di una “scheda di feedback”, resa disponibile attraverso un apposito applicativo informatico.

 

 

A cura di Fabio Carrirolo

Mercoledì 18 Settembre 2019