I costi giocano nell’accertamento induttivo puro

di Gianfranco Antico

Pubblicato il 7 giugno 2019

La Corte di Cassazione ha ribadito che, in tema di imposte sui redditi, “l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo 'puro', mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario”.

Con l’ordinanza n.7743 del 20 marzo 2019, la Corte di Cassazione ha ribadito [1] che, in tema di imposte sui redditi,

“l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo 'puro' D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario”.

 

 

Accertamento induttivo puro: brevi note e commenti

Accertamento Tributario

Con l’accertamento induttivo, la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente avviene attraverso procedure di quantificazione e qualificazione della base imponibile che prescindono dalla documentazione contabile del contribuente stesso, avendo l’Amministrazione finanziaria la facoltà di disattenderle (sempre che sussistenti), ricorrendo a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

L'Ufficio, pertanto, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n.600/73, può determinare il reddito d'impresa e il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e profession