IRAP professionisti, questione sempre aperta

Si prende spunto da una recente sentenza per rendere nota la posizione della giurisprudenza circa la legittimità o meno del pagamento dell’Irap da parte dei lavoratori autonomi. Emerge che l’elevato ammontare di compensi corrisposti a terzi non è indice di autonoma organizzazione ai fini del versamento dell’Irap. Il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il professionista si avvale della collaborazione di altro professionista ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze

Irap professionisti, questione sempre apertaSi prende spunto da una recente sentenza per rendere nota la posizione della giurisprudenza circa la legittimità o meno del pagamento dell’Irap da parte dei lavoratori autonomi.

Emerge che l’elevato ammontare di compensi corrisposti a terzi non è indice di autonoma organizzazione ai fini del versamento dell’Irap. Il presupposto dell’autonoma organizzazione ricorre quando il professionista si avvale della collaborazione di altro professionista ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze (Cass. n. 223/2019).

 

Irap: presupposti giuridici

L’imposta in esame, come previsto dal D. Lgs. 446/1997, è dovuta da aziende, enti o professionisti ovvero da tutti quei soggetti che esercitano un’attività anche non commerciale, restando escluso il lavoro autonomo dall’applicazione dell’Irap solo nel caso in cui si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Il parametro dell’autonoma organizzazione, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, sussiste quando il contribuente è il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità; impieghi, inoltre, beni strumentali eccedenti, secondo l’d quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Nel caso di cui trattasi il contribuente ha proposto ricorso avverso la cartella esattoriale per il pagamento di alcune imposte per l’anno 2007.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso con sentenza poi confermata dal giudice di appello. Avverso tale sentenza l’ufficio ha presentato ricorso in Cassazione, eccependo l’esistenza di un’autonoma organizzazione professionale comportante l’applicazione dell’Irap al contribuente.

I giudici della Corte hanno rilevato preliminarmente che non potevano ritenersi indici di autonoma organizzazione, anche di rilevante importo, i compensi corrisposti a terzi.

In tema di Irap, infatti, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non è condizione che integra il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

Il presupposto dell’”autonoma organizzazione”, come richiesto dall’art. 2 del d.lgs n. 446 del 1997, ricorre quando il lavoratore autonomo responsabile dell’organizzazione si avvalga – anche senza un rapporto formale di associazione -, della collaborazione di un altro professionista; quanto precede attesa l’intenzione di usufruire delle reciproche competenze, ossia della sostituibilità nello svolgimento di alcuni compiti, in modo che possa escludersi che il reddito prodotto sia conseguenza della professionalità di ciascun dipendente.

In sostanza il requisito dell’autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente, responsabile dell’organizzazione, faccia uso di beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile. In tal senso, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese non è indice di autonoma organizzazione e neppure le spese per acquisto di bei strumentali (Cass. n. 1136/2017).

L’ammontare elevato dei compensi e la circostanza che la somma non era stata corrisposta a collaboratori esterni avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad un’approfondita analisi del tipo di rapporto intercorrente tra il professionista e detti collaboratori.

La Corte, accertato che nella sentenza  della CTR non erano presenti i presupposti richiamati dal citato art. 2 d lgs. n. 446/97, ha accolto il ricorso rinviando ad altra sezione della competente Commissione tributaria.

 

 

Posizione della Giurisprudenza

Precedente pronunciamento ha escluso che l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese sia indice di autonoma organizzazione, ritenendo che è da disattendere la motivazione di merito che basa il convincimento dell’assoggettabilità ad Irap su tale tesi (Cass. n. 8728/2018).

L’autonoma organizzazione in relazione alla contitolarità dello studio legale con il coniuge sussiste anche in assenza di prova circa il carattere associato dello studio professionale (Cass. 1089/2018).

I compensi corrisposti dal professionista (avvocato) a colleghi in caso di domiciliazioni non rilevano ai fini dell’Irap.

Tali compensi corrisposti dall’avvocato per le “sostituzioni” e/o domiciliazione presso i colleghi non fanno scattare il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dal legislatore ai fini del pagamento dell’imposta in esame (Cass. n. 26332/17).

Sul tema dell’autonoma organizzazione la giurisprudenza ha posto in luce il requisito-lavoro, ritenendo che l’impiego in modo non occasionale di lavoro altrui (di una segreteria o collaboratore con mansioni solo esecutive) non determina l’elemento impositivo per il pagamento dell’Irap da parte del professionista.

In tal caso è dovuta l’Irap per lavoro svolto da terzi in quanto il presupposto di tale imposta è la sussistenza di un’autonoma struttura organizzativa “esterna” che ricorre allorché il professionista impieghi beni strumentali eccedenti il minimo (Cass. 9478/2017).

In tal caso è dovuta l’Irap per lavoro svolto da terzi in quanto il presupposto di tale imposta è la sussistenza di un’autonoma struttura organizzativa “esterna” che ricorre allorché il professionista impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

L’applicazione dell’imposta deve trovare, quindi, una giustificazione in una specifica capacità del soggetto obbligato, che coinvolge la sua capacità produttiva se accresciuta da una attività autonomamente organizzata, in cui assume rilievo anche la presenza di un solo dipendente;

Il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di un’attività organizzata in modo autonomo, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura (Cass. 1089/2018).

La Cassazione, pronunciandosi a sezioni unite, aveva già affermato che il presupposto dell’autonoma organizzazione ex art. 2 D Lgs n. 446/1997, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, anche senza un rapporto, della collaborazione di un altro professionista, atteso il presumibile intento di avvalersi delle reciproche competenze, in modo da ritenere che il redito prodotto non derivi dalla professionalità di ciascun socio.

Il requisito dell’organizzazione, infatti, scatta soltanto nei confronti del responsabile dell’organizzazione, quando lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti il minimo e la prova dell’assenza di tale requisito grava sul contribuente che chiede il rimborso dell’imposta (Cass, SU, n. 9451/2016).

 

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Davide Di Giacomo

21 marzo 2019